Grande puffo azero
SARA ANZANELLO, nota sotto rete con il soprannome di ‘Grande Puffo’, è una centrale della nazionale di Massimo Barbolini. Ma è soprattutto una persona curiosa: anche per questo, oltre che (immagino) per il buon ingaggio, al momento di emigrare all’estero non ha scelto, come altre sue compagne, le più gettonate palme di Cannes o il freddo della Russia. E’ andata in Azerbaigian, a giocare nell’Azerrail, che giovedì sera sfida a Bergamo la Foppapedretti in coppa.
IL RITORNO in Italia dopo tre mesi è stato colto al volo dall’Adnkronos, che ha intervistato la Anzanello, la quale a mio avviso ha anche un altro merito: è una delle giocatrici più attive su Twitter, @anza1 ha oltre 1300 follower e posta in continuazione foto di vita quotidiana. Una specie di piccolo documentario quasi giornaliero.
Ecco che cosa ha raccontato all’Adnkronos: “Ho scoperto un’isola felice. E’ sempre bello tornare in Italia e parlare la propria lingua senza problemi, mancavo da quando è finita la Coppa del Mondo, non vedevo i miei genitori da agosto. Ho un po’ di nostalgia, ma ho imparato a conoscere un altro mondo, ho migliorato il mio inglese, importante per comunicare con le compagne di squadra che vengono dalla Thailandia, dagli Stati Uniti, dal Brasile… Ho dovuto imparare un po’ di russo per la vita di tutti i giorni, a Natale ho scoperto i riti ortodossi: tutto bellissimo”, dice.
Prima di ridarle la parola, aggiungo una nota personale: non la conosco di persona, ma a me la Anzanello ha sempre ricordato Andrea Zorzi. Per la sua capacità di guardare al mondo in modo non banale, perché la vera originalità è nell’occhio di chi vede: “’Ho scoperto anche un altro modo di vivere la pallavolo, quasi ‘collegiale’: la mattina si va in sala pesi, poi si pranza con le compagne. Ci si allena e si può riposare nelle strutture che ci vengono messe a disposizione: si torna a casa la sera, dopo una giornata di lavoro. E’ una novità per me, ma mi trovo benissimo”. Anche grazie a un po’ di spirito di adattamento: “All’inizio avevo problemi con la spesa, dovevo ‘decifrare’ le etichette in cirillico. Ora mi muovo con grande scioltezza, mi aiuta la grande disponibilità di tutte le persone che incontro: ho chiesto al supermercato di trovarmi un formaggio che compravo in Italia e mi hanno accontentato. Certo, per le scorte di grana e bresaola mi devo organizzare da sola qui in Italia…”. Peccato solo per l’unica nota stonata, che ricorda una scena mitica del Benigni di Johnny Stecchino, mentre arriva a Palermo: la vera piaga di Baku è “il traffico pazzesco. Non guido a Baku, perché sembra il Far West. La città è in continua espansione, si costruisce a ritmi serrati e non è semplice orientarsi. Gli spostamenti però non sono un problema: il campionato si gioca tutto a Baku. Ci sono 7 squadre, 4 sono di ottimo livello. Ho il vantaggio di non dover spendere energie tra calendari troppo fitti e trasferte complicate. Gli unici viaggi sono quelli per la Champions: chissà, tutto questo potrebbe essere un vantaggio quando arriverà il momento di pensare alle Olimpiadi”. Facile chiedere un paragone con l’Italia: “Mi sembra che, in questi mesi, qui ci sia stato qualche casino…Per il futuro non so che cosa farò, ho un contratto annuale, non ho ancora cominciato a pensarci. Una cosa è certa: in Azerbaijian sto benissimo”.