Liberalizzazioni: è già cominciata la guerra dei tassisti
Una distesa di taxi bianchi fermi in pieno centro a Bologna. A Milano i tassisti si sono rifiutati di prendere gente a bordo all’aeroporto di Linate (il servizio è continuato solo per gli anziani e le donne con bambini piccoli). Diversi tassisti hanno fatto dei picchetti per evitare che altri colleghi lavorassero durante l’agitazione. Sempre a Milano anche alla Stazione Centrale le auto bianche si sono fermate per circa un’ora lasciando a terra centinaia di passeggeri.
Sono le avvisaglie della nuova guerra che il premier Monti dovrà affrontare nei prossimi giorni (solo giorni?) quando appunto darà il via al piano di liberalizzazioni previsto dal governo. Un piano che, come si sa, riguarderà fra l’altro l’ampliamento della rete dei carburanti, la vendita di alcuni farmaci, misure su energia e gas e, appunto, un considerevole aumento delle licenze dei taxi.
E quello dei taxi è forse l’aspetto più spinoso di tutto il piano delle liberalizzazioni. Sì, perché come hanno già annunciato i leader e portavoce di varie cooperative, pur di difendere ciò che hanno, i tassisti sono pronti a bloccare tutte le città. Mercoledì a Bologna ci sarà un consesso nazionale dei tassisti per decidere appunto quali saranno le azioni da intraprendere per respingere il progetto del premier Monti.
Penso che davvero sarà una battaglia dura perché (come è già successo anche in passato) i tassisti d’Italia non hanno nessuna intenzione di fare un passetto indietro. Come dire insomma che lacrime e sangue che gli italiani sono indistintamente chiamati a spargere in questi tempi di crisi possono riguardare tutti ma non loro.
Che i tassisti tentino di difendere le loro posizioni e il valore della licenza del loro taxi è più che naturale. Che per fare questo possano bloccare tutto un Paese è un altro discorso.
Così come (sempre in fatto di altri discorsi) tutti i tassisti d’Italia potrebbero cominciare anche a interrogarsi sul motivo per il quale ogni tanto la politica decida di occuparsi di loro e del loro lavoro.
Forse perché c’è del malanimo preconcetto nei confronti della categoria? Perché i tassisti spesso non sono simpaticissimi? Perché talvolta qualcuno fa operazioni di finanza creativa con orari e tassametri?
Niente di tutto questo, secondo me. Sono dell’avviso che la politica ogni tanto (non sempre) decida di gettare uno sguardo sui tassisti solo perché il servizio pubblico che sono chiamati a svolgere spesso o non funziona (perché i taxi sono pochi rispetto alla popolazione della città e ai flussi turistici) o funziona male o costa troppo.
E’ anche vero che i tassisti hanno un sacco di spese (a cominciare dal costo della benzina e dell’assicurazione) ma è altrettanto vero che spesso certe corse risultano inspiegabilmente carissime.
E’ altrettanto vero che spesso in certe città (come molti di noi hanno potuto sperimentare di persona) per aspirare a salire su un taxi occorrono minuti e minuti (a me è capitato anche di aspettarne quaranta, dopo un viaggio da Roma in treno di un’ora e mezzo) di snervante coda.
Per concludere, giusto che i tassisti d’Italia difendano il loro lavoro, faticoso, duro e snervante. Ma forse potrebbero anche tentare di avviare un discorso costruttivo col governo in carica. Senza minacce.
Dicono i tassisti che sono anche stanchi di essere spesso considerati degli evasori fiscali. Non so se siano evasori fiscali. Sta alla guardia di finanza accertarlo. So però che per il 2009 i tassisti d’Italia hanno dichiarato un reddito medio di 15.592 euro l’anno, qualcosa come 1.200 euro lordi (lordi!) al mese. Possibile mai?