La pièce iconoclasta al Parenti. Daverio: non vada in scena, facciamo un dibattito
NON SI PLACA la polemica sullo spettacolo di Romeo Castellucci «Sul concetto del volto del Figlio di Dio», che in Francia è stato oggetto di clamorose contestazioni e ora, anche in Italia, sta diventando il bersaglio dei cattolici integralisti. La pièce considerata iconoclasta, perché il Volto di Gesù dipinto da Antonello da Messina viene bersagliato da oggetti lanciati in scena da alcuni bambini, è in programma al Parenti dal 24 al 28 gennaio, ma il clima è teso. Il regista, Castellucci, parlerà in conferenza stampa il 18. Cosa accadrà dopo non si sa, anche perché il mondo intellettuale milanese è in fermento. Il critico d’arte Philippe Daverio, che da sempre prende posizioni coraggiose su temi scottanti, ha consigliato ad Andrée Ruth Shammah, dopo le minacce ricevute, di sospendere la rappresentazione. «Se in una città viene meno la tolleranza, la cosa è grave — dice Daverio —. Ma ancora più grave è che nessuna della autorità civili e religiose abbia preso posizione contro chi minaccia. E se questo succede in un paese che ha accettato che Cattelan mettesse in mostra il Papa colpito da un meteorite senza che nessuno protestasse, vuol dire che l’atteggiamento lascivo della sindaca Moratti, che due anni fa ha consentito una riunione di neonazisti, ha figliato». Daverio suggerisce allo stabile di esporre le lettere di minaccia ricevute e, al posto della rappresentazione, proporre un dibattito sul tema. «Insomma, Milano torna a essere la città di Manzoni e di Beccaria o quella della Colonna Infame?» tuona il critico.
«L’HO DETTO ad Andrée, che per giunta è di religione ebraica, «Guarda che quando diventano intolleranti gli occidentali va male… Bisogna guardare a questi fenomeni con molta vigilanza, e sia il democratico laico che il cattolico non fanatico, visto che appartengono alla città in cui è stato promulgato l’Editto della tolleranza e dove è nata l’Europa, avrebbero l’obbligo morale di tirar su la bandiera, per la libertà di Milano». Andrée Ruth Shammah difende le scelte del teatro: «Ho la convinzione che la libertà di espressione non debba mai prevalere sulla inderogabile necessità di non ledere le sensibilità, le storie, le fedi. Però la diffusa preoccupazione potrebbe facilmente dipendere dalla circolazione di informazioni incomplete o non corrette. L’edizione dello spettacolo è stata tagliata, dunque non è offensiva né nelle intenzioni del regista né in quelle del teatro che lo ospita. Può far discutere, potrebbe anche non piacere, ma certamente non ha la minima volontà di mancare di rispetto. Principio importante per il nostro teatro». |
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