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Quattro chiacchiere tra noi

…ho lasciato passare un po’ di tempo, per essere sicuro di non cedere al sentimentalismo nel proporre queste righe. Interamente dedicate a noi. Noi cloggari, intendo.

Bene.

Ho una certa età. E non la nascondo. Quando ho iniziato a fare questo mestiere meraviglioso, il mestiere di chi vorrebbe narrare emozioni, si usava ancora la macchina da scrivere. E dovevi dettare il tuo testo via telefono agli stenografi, urlando come un ossesso per farti capire, se per caso ti trovavai in uno stadio o in palazzo dello sport.

Cito questi brandelli di memoria per sviluppare un concetto. La rivoluzione della IT, la Information Technology, o come diavolo si chiama, è stata per me una sorta di shock.

Salutare, però.

Ci ho messo persino anni, per comprendere come potesse funzionare la comunicazione digitale. Internet. On line. I blog.  Eccetera.

Ricordo con tenerezza i primi esperimenti. Eravamo ancora sul finire del secolo e del millennio scorso. Il prode Otelma, il cofondatore, molto più ‘avanti’ di me in materia, mi aiutava moltiplicando le sue identità, pur di rendere credibili qui tentativi giurassici. A scanso di equivoci: in ogni veste, era sempre fanatico del Ciccino, alias il Vecchio Zio tedesco, alias Schumi.

Era il 1999!

Dopo, molto dopo, qualcosa ho capito e questo luogo dell’anima è via via diventato un cenacolo di amici. Per me ‘blog’ era una parolaccia, ma grosso modo dal 2007 diventò un affare di famiglia. Un elemento di gioia. Che mi ha fatto conoscere splendidi interlocutori.

Non lo nego: grazie a voi, pochi o tanti che siate (ma siete numerosissimi, anche ora, anche in questo momento) questa oasi è una occasione nuova per rinfrescare l’amore per il mestiere.

Sempre di narrare emozioni si tratta! In questa sede, però, condividendole in tempo reale con il mio prossimo. E ‘prossimo’, per chi ha la mia filosofia dell’esistenza, è il termine più bello che ci sia.

Dopo di che.

Dopo di che, per ragioni che io non conosco e nemmeno, temo, sarei in grado di capire, a dicembre scorso c’è stato quel terrificante black out. In tempi di comunicazione istantanea, settimane e settimane di silenzio obbligato sono come un infarto.

E io, sorry, di infarti me ne intendo, sempre fiduciosamente attendendo The Big One.

Ora.

Di sicuro non c’è stato alcun complotto.

Di sicuro, io non capisco assolutamente nada, quando giustamente questo e quello lamentano i ritardi, le incertezze procedurali, le complicate modalità di identificazione, eccetera.

Quindi, da ignorante, sono pienamente solidale con chi vive con disagio la nuova situazione. Alla quale, ripeto, sono estraneo.

Non ho soluzioni. E non voglio vie di fuga:  io lavoro per questa azienda, ne sono persino fiero e aggiungo, per le cosine che ci interessano, che in questa sede ho goduto e godo della massima libertà. Voi penserete che non è un problema, che uno nell’era di Internet comunque scrive quello che vuole dove vuole e bla bla.

Ma io ho una pretesa. Le cose che trovate qui, piacciano o meno, in altri luoghi, in altri siti, oh, insomma, abbiate pazienza, ma non le avreste lette. Non le avete lette. E non debbo certo spiegarlo a voi che mi seguite.

Dopo di che.

Dopo di che, se questo blog, che ha un successo enorme, sta in piedi il merito è di chi lo frequenta.  Se frequentarlo, per quelle ragioni tecniche a me oscure ed incomprensibili, diventasse impossibile, ecco, io sarei, come tutti, una vittima. Non un colpevole.

Per chi mi vuole,  io sono qui.

Ps. Naturalmente, speriamo che chi di dovere risolva casini, problemi, menate. Del resto, mia nipote, che come Otelma nel 1999 è molto più avanti, me l’ha già detto: ah, zio, ma i Blog sono morti, non lo sai che ora dominano i Tweet?

Che ci volete fare, si invecchia sempre troppo presto.

Buona domenica.