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Taiwan sceglie la continuità, Pechino e Washington ringraziano

Dall’inviato

TAIPEI, 14 gennaio 2012 – I «porcellini indipendentisti» del «Democratic Porgressive Party» di Tsai Ing l’economista in gonnella non ce l’hanno fatta. La grande paura di Pechino e Washington è passata. La tensione può allentarsi. La sorpresa non c’è stata. Taiwan ha scelto la continuità e la stabilità nei rapporti con la Cina. Il presidente uscente Ma Ying-Jeou del partito nazionalista «Koumingtang» è stato confermato per un secondo e ultimo mandato di 4 anni col 51,6% dei voti contro il 45,6% della prima donna che ha tentato di sfidarlo. Il terzo candidato del «People First Party», James Soong considerato pericolosissimo alla vigilia perché la sua formazione toglieva voti a Ma, non è andato oltre il 2,8% per cento e non superando la soglia di sbarramento non riuscirà a mandare i suoi uomini in parlamento .

Dalle 8 del mattino alle 4 del pomeriggio quasi 15 milioni di Taiwanesi chiamati a scegliere nel primo «election day» unificato della loro storia, presidente e parlamento insieme, si sono presentati ai seggi allestiti in scuole, banche e biblioteche firmando nel registro elettorale col loro piccolo sigillo rosso. La percentuale di votanti ha superato l’80%. La televisione di stato di Taipei con una prova di straordinaria trasparenza democratica, ha trasmesso in tempo reale i risultati addirittura in competizione con le reti private. Lo scrutinio manuale si è dimostrato un vero spettacolo di efficienza, semplicità e puntualità svizzera con i dati finali già pronti dopo 90 minuti dall’inizio dello spoglio.

 Subito dopo la gente si è divisa tra palloncini caroselli e lacrime. Per salutare i suoi sostenitori entusiasti davanti al quartier generale del Kuomintang , il presidente Ma ha sfidato una pioggia battente dicendo: « Oggi mi avete detto con la più chiara voce possibile di continuare sulla stessa strada….Il vostro è stato un voto per un governo pulito, per la pace e la stabilità di Taiwan….Non rinuncerò mai al mio titolo di presidente e non andrò in nessun posto dove non posso usarlo…. ».

Riconoscendo la sua sconfitta Tsay Ing, la brillante economista di 55 anni single e con una misteriosa vita personale, che aveva risollevato il «Democratic Progressive Party» affondato nella corruzione nel 2008, ha ringraziato gli scoraggiati fan dicendo:« siamo arrivati molto vicini alla cima della montagna…ma ci è mancato solo uno scalino….» . Com’è tradizione da queste parti, la Tsai ha subito annunciato le sue dimissioni da leader del partito assumendosi tutta la responsabilità della sconfitta, mentre il neo presidente Ma, da un altro pulpito al lato opposto della città lanciava un ramoscello d’ulivo all’opposizione assicurado che «una miglior ridistribuzione della ricchezza e la creazione di nuove opportunità per i giovani…» parti chiave della campagna del DPP , diventeranno anche priorità nella sua nuova agenda di governo.

Alla fine tutti i sondaggi sono stati smentiti. Oltre 800.000 voti hanno segnato la distanza fra i due candidati principali. Tanto il centro rurale del paese come il sud dei pescatori non hanno dato alla Tsai la spinta di cui aveva bisogno per battere il Koumingtan nelle sue roccaforti urbane e soprattutto nella capitale. I nazionalisti mantengono la maggioranza assoluta anche in parlamento con 64 seggi su 113 anche se ne cedono 8 rispetto al 2008 Quandfo la differenza di voti rispetto al DPP era di quasi 2 milioni.

Sebbene tutti gli uomini d’affari taiwanesi e i lavoratori che vivono in Cina siano stati «invitati in massa» e facilitati da Pechino a rientrare per il voto col sottinteso invito a sostenere Ma, chi ha fatto la differenza sono stati soprattutto i grandi boss dei colossi nazionali della telefonia e dell’elettronica come la Hon Hai e la Htc che si sono schierati apertamente col presidente uscente nel nome del lavoro e della stabilità economica contro i rischi di un atteggiamento meno flessibile con Pechino. Anche nei campus delle università dove i giovani inizialmente sembravano più inclini alla Tsai per le sue più spiccate idee indipendentiste, alla fine hanno scelto la moderazione e non lo scontro al buio con la Cina che da oltre 50 anni rivendica la sovranità su Taiwan.

Di sicuro il gigante comunista che mantiene sempre 1500 missili puntati sulla costa, non è stato a guardare. Temendo sorprese e fughe in avanti, negli ultimi mesi ha firmato migliaia di contratti diretti con pescatori e contadini taiwanesi comprando a prezzi maggiorati rispetto al mercato (praticamente sovvenzionandoli) l’intera produzione per due anni di foglie di the e tutto l’allevamento e il pescato dei «milk fish» i minuscoli pesci che servono come mangime marino per gli sterminati allevamenti di cozze e frutti di mare sull’altra sponda comunista. Anche questo, con la globalizzazione e le crisi finanziarie, diventa «pragmatismo confuciano» che permette da decenni la convivenza del comunismo del gigante con la democrazia della formica.