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Orgoglio e pregiudizio

IERI il ’Quotidiano Sportivo’ ha ospitato, presso la sede della redazione fiorentina, la nazionale maschile di pallavolo. L’occasione è l’inizio della World League, che nel week end porterà gli azzurri in campo al Mandela Forum contro Corea, Francia e Stati Uniti. Ospiti della nostra testata, i quindici azzurri e il ct Mauro Berruto hanno incontrato decine di ragazzi delle scuole e delle squadre fiorentine, rispondendo alle loro domande. Ed è diventata ben presto l’occasione per festeggiare la fresca qualificazione olimpica in compagnia.

NON MI SONO certo stupito nel sentire che i campioni azzurri sapevano dare risposte sensate e complesse, conoscendoli. Però ci sono stati alcuni passaggi che mi hanno fatto pensare che forse c’è speranza, in questo nostro paese disastrato eppure ricco, soprattutto di gente che merita un futuro. Per esempio, mi è piaciuto quando il ct Mauro Berruto ha detto: «Noi siamo orgogliosi di rappresentare l’Italia sul campo, in un momento nel quale questo paese ha particolarmente bisogno anche di poter sognare». E anche quando ha aggiunto: «un gruppo così curioso e intelligente non l’ho mai allenato, questi ragazzi dimostrano che il fisico serve soprattutto per portare in giro una testa che funziona».

Ma il ct è uomo di lettere, quindi ci sta che sappia usare le parole giuste per toccare le corde di un patriottismo che oggi sembra quasi immeritato, per il nostro paese. E’ anche più bello, quindi, sentire quello che dice Dragan Travica a proposito dell’inno di Mameli, che lui e gli altri tre azzurri nati all’estero o figli di altre culture (Zaytsev, Kovar e Lasko) intonano prima delle partite con un impegno quasi superiore a quello degli italiani ‘indigeni’: «Io e Lasko lo cantiamo a squarciagola perché ci va, tutti ci sentiamo italiani anche se siamo nati all’estero, perché qui siamo cresciuti e questa è la nostra patria». A volte dovremmo ricordarcene anche noi, un po’ di più.