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Peter Gabriel, un tour per il 25 anni di ‘So’

Lento come il re delle tartarughe (come lui stesso una volta amò autodefinirsi), Peter Gabriel piazza un altro colpo a sorpresa. A sorpresa…si fa poi per dire. Di album nuovi manco a parlarne, però l’arcangelo di vetusta memoria stupisce il vostro ammuffito blogger annunciando il tour ‘Back to front’, per ora solo negli States. Di che si tratta? Di una tournèe per celebrare i 25 anni trascorsi dal suo album ‘So’, e con lui sul palco i musicisti che lo accompagnarono in giro per il mondo un quarto di secolo fa. Possiamo immaginare spunteranno fuori David Rhodes, l’immancabile Tony Levin, poi chi alla batteria? Manu Katché o Jerry Marotta? E zac, altro minicolpo di scena, ecco l’immancabile cofanetto lussuoso per celebrare l’evento: sarà pubblicato il 18 settembre, tre cd dedicati a ‘So’, immagino con le versioni rimaste fuori dal cd originale. Quanto sia imperdibile, lo scopriremo dopo.

 

Già, ‘So’: è il disco che sdoganò Gabriel al grande pubblico. Prima era soprattutto l’ex cantante dei Genesis, alle prese con una carriera solista meravigliosa, ma spigolosa e poco fruttuosa dal punto di vista dei soldini. Personalmente adoro la prima metà della sua carriera solista: ho un debole per Peter Gabriel III e soprattutto Peter Gabriel IV. Narra la storia che quando i tromboni dell’Atlantic ascoltarono il demo di ‘Pg III’ dissero all’arcangelo: scordati che noi ti pubblichiamo questo disco, un po’ la stessa cosa che era accaduta a Tom Waits con ‘Swordfishtrombones’. Era il 1980, ‘PGIII’  conteneva pezzi non facili come ‘Intruder’, ‘No self control’, ‘Biko’, ‘I don’t remember’. Gabriel incassò il niet, si cercò un’altra etichetta e un po’ di copie le vendette. Insomma, come scrisse Chris Welch nella sua seminale biografia, ‘Peter si era fatto l’ultima risata’. ‘PgIV’ era poi ancora più oscuro, ma ragazzi brillava per genialità. e poi arrivò ‘So’. Ve lo dico subito, ma forse l’avete capito di già, non è il mio albun preferito. Forse anche per una questione infantile: prima Gabriel era un eroe per pochi, dopo divenne il mito da tutti, insomma, da ‘Mister Fantasy’ a ‘Discoring’. ’So’ è un buonissimo album, l’aspetto sperimentale è lievemente accantonato (tranne nella non irresistibile ‘We do what we’re told’) a favore di un funky inaspettato. E poi è l’album in cui musica e video si scoprono inseparabilmente innamorati. Ricordate i clip ‘pastiche’ di ‘Sledgehammer’ e ‘Big time’? E’ un album da ballare, e non è da Peter questo. ‘Sledgehammer’ è il suo primo vero grande hit. Ricordo che quando andai a vedere il concerto di quel tour nel 1986 a Bologna c’era gente che conosceva solo quella canzone. ‘Sledgehammer’ ha un ritmo che riporta Gabriel alle radici, perché lui è sempre stato innamorato del blues. E poi ci sono ‘Red rain’, bellissima. Due ballad struggenti, ma fra ‘Don’t give up’ con Kate Bush preferisco ‘Mercy street’ ispirata alla poetessa Anne Sexton… sembra di vederla quella barca che scivola nell’acqua. E come dimenticare ‘In your eyes’? Nel tour acustico recente, non rende molto, ma la versione africana, con Youssou n’Dour, Dio, era un inno alla vita.  Visto? Ho detto che ‘So’ non era il mio album preferito, eppure ne ho parlato solo bene. Forse perché il vostro ammuffito blogger ha un debole per l’arcangelo.