Terremoto Emilia/ “Cambio città, ma il terremoto mi insegue”. Luigi anche stavolta ripartirà da zero
FINALE EMILIA (Modena). LE CREPE solcano i pilastri esterni del ristorante ‘Al 50’. Luigi Sciamanna, 41 anni, detto yankee le guarda con una fitta al cuore. «Il terremoto mi segue da sempre. Sa dove sono nato? A San Francisco, vedi caso, dove erano emigrati i miei genitori. Nel 1997 ero a Frontone, il paese d’origine della mia famiglia. Ricorda il sisma dell’Umbria e delle Marche? Ondulava tutto, sembrava che mi girasse la testa. Ma non è caduto nulla. Qui invece è rotolato tutto per terra, piatti, bottiglie, bicchieri». Nel 1998 ha conosciuto Monica Breveglieri, che ora ha 32 anni, a un incontro di biker, i fanatici delle moto, ospitato dal ristorante ‘Al 50’. Per amore suo è salito a Finale e l’ha sposata.
Il terremoto non l’ha mollato. «Solo quando ho sentito il rumore dei vetri rotti – racconta Monica – ho capito che bisognava uscire. Qui siamo stati allevati nella convinzione che il sisma non sia mai molto grave, insomma un tremolio e basta. Quando mi sono alzata dal letto, Luigi era pronto a uscire. Aveva già in braccio il nostro piccolo Matteo, 4 anni». «Io sono allenato», tenta di scherzare lui. Il futuro è cupo. Un suo amico muratore gli ha detto che per ricostruire i pilastri esterni e i capitelli bisogna rifare anche tutto il tetto.
SE HA RAGIONE, l’intervento radicale significa un fiume di soldi e mesi di blocco per un’attività che coinvolge a tempo pieno lo yankee, la suocera Lucia Zavatti, 56 anni, il cognato Michele, 24 anni, e l’immigrata moldava Natalia. Monica è una fisioterapista. Anche lo studio di riabilitazione ‘Il girasole’, che possiede in comproprietà con una socia, è in un palazzo che
dovrà essere visitato dagli addetti ai controlli. «Purtroppo – sospira – ho l’indelebile ricordo di una recente esperienza negativa. Nel 2010 ‘Idea Pizza’, un esercizio che era nello stesso stabile,
ha subito un attentato. Qualcuno ha fatto esplodere un ordigno. In attesa della verifica di agibilità dell’edificio ‘Il girasole’ è stato chiuso da giugno a ottobre. L’assicurazione, essendo un fatto doloso, non ci ha rimborsato un solo euro».
«Non abbiamo soldi da parte – si macera Luigi – sul ristorante, l’ex stalla-fienile, grava un mutuo di 70mila euro che si sono accollati i miei suoceri. Per la casa colonica, nella quale abitiamo tutti, mia moglie e io ne dobbiamo restituire altri 150mila». Monica pensa già a sedute di fisioterapia a domicilio. «Io manderò in giro curriculum», scherzava, ma non troppo, il marito mentre faceva la fila davanti al furgone dei vigili del fuoco per chiedere il controllo del ristorante. Domina un senso di isolamento che Monica riassume efficacemente: «Fino a questo momento ci siamo arrangiati da soli. Un ‘forestale’ è apparso qui solo alle 19 di lunedì». ‘Al 50’ è ad appena 4 chilometri dal centro di Finale, sul confine con la provincia di Ferrara, ma pare che sia in capo al mondo.
DA DOMENICA Luigi sta offrendo inutilmente cibo sufficiente per 150 pasti a tutti gli addetti all’emergenza. Per ora nessuno è venuto a prelevarlo. «Ci eravamo preparati – spiega con una vena di tristezza – per cinque comunioni». Vicino alle due tende che ha montato domenica c’è la sua Harley Davidson Electra Glide Standard, il simbolo di una passione che lo yankee non vorrebbe relegare nel cassetto dei ricordi.