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Se il ‘modello’ è francese, ci mancano i parà

Ohibò, ritorna il semipresidenzialismo «alla francese». Ed è il solito déjà vu. In Italia, il primo a proporlo fu sul finire degli anni Ottanta Bettino Craxi, ma Dc e Pci risposero picche. L’elezione diretta del capo dello Stato fu retoricamente giudicata un pericoloso cedimento a tentazioni peroniste. Ma gli eredi del Pci cambiarono idea e nel 1997 la commissione bicamerale presieduta da Massimo D’Alema trovò l’accordo col centrodestra proprio sul modello francese, con tanto di legge elettorale a doppio turno e riduzione del numero dei parlamentari. Esattamente ciò di cui si sta faticosamente parlando in questi giorni. A rovesciare il tavolo fu allora Silvio Berlusconi. Come se nulla fosse, oggi le parti in commedia risultano invertite: Berlusconi propone il semipresidenzialismo, Bersani dice no. Dice che si tratta solo di una manovra dilatoria per non toccare nulla. Neanche il Porcellum. Probabile abbia ragione, ma se è Berlusconi a non volere l’accordo, perché fare il suo gioco rovesciando il tavolo al posto suo? I tempi, in realtà, ci sarebbero, ma occorrerebbe partire a tambur battente e il Pd non sembra incline allo scatto. Quanto al sistema elettorale, le contorsioni non sono minori. Dopo aver approvato con tanto di votazione “democratica” il modello francese, il Pd ha avviato una lunga trattativa col Pdl sul modello elettorale opposto: il proporzionale «alla tedesca». L’affermazione del movimento di Beppe Grillo, l’appeal del voto francese e il baratro politico in cui è sprofondata la Grecia dopo le ultime elezioni hanno fatto tabula rasa di quella bozza d’accordo. Meglio così. Folgorati dalla vittoria di Hollande, Pd e Pdl sembrano essersi ora riconvertiti. E si ritorna così a parlare di doppio turno «alla francese». Se ne parla, ma senza crederci. Scommettere sul successo della riforma sarebbe un azzardo. Del «modello francese» a noi italiani manca infatti un elemento decisivo: i paracadutisti. Per corruzione e ingovernabilità, la Quarta repubblica francese era molto, ma molto simile alla Seconda repubblica italiana. Se nel ’58 il generale De Gaulle riuscì ad imporre il semipresidenzialismo e il doppio turno a partiti inesorabilmente avvitati sui propri interessi del momento fu esibendo una forza militare che alludeva alla possibilità d’un golpe. Sarà certo meglio così, ma di forza qui se ne vede davvero poca.