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Si salvi chi può

Si salvi chi può. Siamo ancora lì, che ci stiamo godendo i play-off di serie A e della LegaDue (per quelli proprio “malati“ come noi, anche della DNA…) ma dalle Alpi al Manzanarre  dei canestri, si alzano grida di allarme, appelli, urla nel silenzio e quant’altro. Il basket non sta benissimo, lo sapevamo già. Il basket non sta benissimo perché, come abbiamo detto e scritto ripetutamente, ha continuato a vivere per anni al di sopra delle proprie possibilità. E per troppo tempo si è chiuso un occhio, spesso pure tutti e due, su chi spendeva più di quello che aveva, destabilizzando i campionati e creando gravi problemi a chi, invece, rispettava le regole. Così i furbi hanno fatto proseliti e gli onesti sono stati puniti.

Ora, però, la crisi economica sta toccando tutti i nervi scoperti del basket e la situazione si è decisamente aggravata. Da Treviso a Roma, da Teramo ad Avellino, da Montegranaro a Cremona sono tante le squadre che stanno denunciando problemi più o meno gravi. Noi speriamo che tutte riescano ad iscriversi. Ma, al contempo, ci auguriamo pure che, da parte della federazione e da parte di chi deve controllare la regolarità dei campionati, si arrivi ad un’azione decisa nei confronti di coloro che vivono pericolosamente. Che i furbi, insomma, non siano più premiati e gli onesti non siano più puniti.

Proprio in questi giorni Dino Meneghin, il cui mandato da presidente della federbasket è stato, a nostro modo di vedere, piuttosto deludente, ha parlato del difficile futuro che aspetta il basket: «I giocatori – ha detto - devono rivedere le loro pretese economiche. I tifosi devono capire il momento difficile che il Paese sta vivendo e non devono prendersela con i presidenti. Qui si rischia che molte squadre spariscano e che le azienda escano dal basket, come ha fatto Benetton. Con questa crisi e’ difficile reperire sponsor e aspettiamo la data dell’iscrizione ai campionati per capire chi si puo’ iscrivere e chi no. Questo vale anche per i tornei minori. Tutti dobbiamo stare molto attenti alla parte economica. Il futuro lo vede difficile». Tutto giusto e condivisibile. Ma la domanda è: perché nessuno è intervenuto in  inverno quando c’erano giocatori che dichiaravano pubblicamente o su facebook di non essere pagati?  Perché ci si volta dall’altra parte quando ci sono club che, raggiunta la salvezza, cedono o lasciano partire atleti importanti evitando di pagarli e falsando così le ultime giornate del campionato?
In tutto questo ha ancora senso tutelare un diritto sportivo che, ormai, è l’ultimo dei problemi o non sarebbe meglio cancellare l’istituto della retrocessione puntando invece su parametri ben più importanti come la solidità economica, il bacino di utenza e i settori giovanili di ogni club?  Costruire insomma un campionato di serie A in cui siano inserite  società solide e ben gestite, permettendo loro di lanciare giovani, potendo programmare nel tempo, senza doversi svenare per la paura di retrocedere. E se proprio non si può stare senza una retrocessione, suggeriamo a Meneghin, o chi per lui, di fare almeno una regolina semplice-semplice: ogni due mesi si controllino tutti i bilanci delle società e se qualcuna non paga gli stipendi entro il termine concesso, la si escluda dal campionato. In un paio di anni molti problemi, anche di super-ingaggi, si risolverebbero e tutte le squadre potrebbero davvero lottare ad armi pari spendendo, probabilmente, molto meno di quanto non accade al giorno d’oggi. E d’estate non saremmo lì, tutte le volte, a gridare: si salvi chi può…