Quegli applausi dei tifosi della Curva Nord all’Atalanta travolta in casa dal Toro
Dovevate esserci perchè, scene così non sono frequenti sui campi del campionato che, un tempo, era il più bello e ora, spesso viene dipinto come il più bullo del mondo.
Bergamo, 30 settembre 2012, le cinque della sera, stadio Achille e Cesare Bortolotti (per chi ama i nerazzurri è questo l’unico, vero nome dell’ex Brumana: soltanto l’ignavia di alcuni quaquaraquà della Casta locale continua a chiamarlo ufficialmente in un altro modo).
L’Atalanta è stata appena travolta e umiliata dal Toro per 5-1.
Una batosta durissima, uno choc totale per i tifosi di casa, ancora più inaspettato dopo un primo tempo splendido, scandito dal gol di Denis, da una ripetuta serie di occasioni fallite, da una traversa di Cigarini e da un’altra dello stesso Denis.
Il pareggio di Bianchi su rigore sembrava solo l’estemporanea rivincita dell’attaccante bergamasco mai prima d’ora a segno contro la squadra che l’aveva cresciuto a Zingonia. L’aveva fatto esordire in serie A a 19 anni, salvo lasciarlo andare altrove, prima che diventasse il capitano del Toro e segnasse 70 reti con la maglia granata, tante quante il mitico Loik, scomparso a Superga con il Grande Torino.
Invece, nella ripresa, l’Atalanta si squaglia e il Toro la fa a pezzi. Segna 4 gol in 16 minuti, gigioneggia e rimpicciolisce la squadra di Colantuono, un altro grande ex, sino a disintegrarla.
Quando l’arbitro fischia la fine, l’atmosfera è surreale. Nello spicchio della Curva Morosini a loro riservata, i tifosi granata esultano ed esaltano il Toro.
Quelli dell’Atalanta,tutti in piedi, applaudono i propri giocatori che escono a capo chino, le facce stralunate di chi si è sentito passare sopra un Tir e ora ha in corpo soltanto una gran voglia di sparire, dopo avere chiesto scusa per la batosta rimediata.
Non un fischio, non una protesta. Soltanto cori, battimani, incitamenti che partono dalla Curva Nord e fanno il giro dello stadio. Una scena che sembra tratta di peso dalla Premier League la cui cultura sportiva è proverbiale, ma alla quale, il calcio italiano è decisamente poco abituato.
Una lezione di maturità sportiva che segue altre, già venute da Bergamo: lo striscione per la figlia di Budan, scomparsa nel luglio scorso quando aveva appena 2 anni; il rispettoso silenzio durante il minuto di raccoglimento osservato in memoria di Maria Castelli, la mamma di Urbano Cairo, presidente del Toro; le iniziative di solidarietà per L’Aquila Rugby, i terremotati dell’Emilia, gli alluvionati di Genova dove ultrà atalantini sono andati a spalare assieme a quelli del Genoa e della Samp e tanto ancora.
Sino agli applausi alla propria squadra sconfitta in casa per 5-1. Un altro calcio è possibile: il messaggio che viene da Bergamo è forte e chiaro. Onore a chi l’ha lanciato.
Xavier Jacobelli