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Il grande bluff della legge elettorale

A furia di ripetere che l’accordo sulla legge elettorale «è a un passo», in molti cominciavano a crederci. Un caso di autosuggestione, perché non è realistico che si chiuda un accordo sulle regole quando ancora si ignorano squadre e schemi di gioco. L’unico partito presente oggi in parlamento che sicuramente sarà alle elezioni col proprio simbolo e con una strategia elettorale già decisa (correre da soli) è infatti la Lega. Gli altri non hanno idea di quale sarà il loro destino e tantomeno sanno con chi dovranno condividerlo. Pdl, Udc e Fli si presenteranno agli elettori sotto nuove insegne, ma guidati da chi e con quali alleati? Quanto al Pd, tutto dipende dall’esito delle primarie del 2 dicembre. E nel caso la spunti Renzi si riapriranno i giochi: si paventerebbe una scissione a sinistra e la ventata di novità finirebbe per sfondare le porte di quel che resta del Pdl. Nel mezzo ci sono incognite importanti: le elezioni siciliane del 28 ottobre, la soluzione del rebus laziale e la piega che prenderanno le inchieste giudiziarie. Il lodo Calderoli è un bluff scoperto. La dead line per (eventualmente) ridisegnare i collegi elettorali è la prima metà di dicembre. L’accordo, oggi, è possibile solo in un’ottica di riduzione del danno per ciascuno, principio che mal si concilia con la possibilità che dalle urne esca una maggioranza di governo. E su tutto aleggia un dettaglio chiamato crisi economica.