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David Bowie, quando una foto allunga la vita. Così si spera

Sedici e trentadue del 18 ottobre. Il computer lampeggia. Un’altra agenzia di musica. Il titolo è da mettere le mani avanti. E per chi è scaramantico e allo stesso tempo fan di David Bowie è da toccatina: ferro, cornetto rosso o parti intime, a seconda delle usanze. Comunque il titolo in questione è il seguente: “Allarme per la salute di Bowie”. Il Duca Bianco, con la coppola in testa e una borsa a tracolla, gira per New York. Il pezzo dell’agenzia è una radiografia. Condita, ovviamente, dalla scomparsa di Bowie dalla scena pubblica. Non canta da parecchio dopo che nel 2004 ebbe un infarto. L’ultima volta che si è fatto vedere in giro, davanti a flash e telecamere, è stato nel 2009 alla presentazione del film del figlio Duncan “Moon”. La foto non è il ritratto della salute. Ma l’allarme va in circolo. E diventa quasi un corto circuito. Anche perché la foto, vista così, fa effetto. E non è un bell’effetto. Ma da qui a stendere “preventivi coccodrilli” o a sputare previsioni sul futuro della rockstar ce ne corre. Chissà come risponderebbe il Duca Bianco, se solo si decidesse a parlare. Difficilmente alzerebbe un paio di corna al cielo o all’indirizzo di chi si è allarmato. Questione di stile. E lui ne ha creato uno tutto suo, con buona pace di stilisti che spesso sono costretti a scegliere le rockstar come testimonial. Ma il gusto della provocazione Bowie non l’ha mai perso. Ci ha costruito una carriera sopra. Il suo biografo ufficiale Paul Trynka sostiene che questo sia il suo ultimo colpo di teatro. Niente strombazzamenti in giro per annunciare l’addio dalle scene (doveroso silenzio) e niente “platinum collection”. D’altronde il Duca non ha bisogno di riaffermare la sua potenza. Chi si infila in una cantina, sempre che ne esistano ancora in giro, per mettere su la sua band, studia prima qualche classico. E invevitabilmente passa o si imbatte (solamente, ma è una rarità) in Bowie. Come “La Divina Commedia” o “I Promessi Sposi” per chi va a scuola. Un percorso di formazione obbligato. E “The rise and the fall of Ziggy Stardust and The Spiders from Mars” – l’album ha appena compiuto 40 anni – è l’esempio più concreto e più eloquente di che cosa voglia dire un concept album nella storia della musica contemporanea. Ha ispirato migliaia di band perfino i “visionari” del vecchio e nuovo secolo Flaming Lips (anche se, magari, non l’ammetteranno mai) fino ad arrivare ai postmoderni Arcade Fire. E perfino il figlio Duncan che fa un altro mestiere: il regista, ma che dell’esistenza di altre forme di vita e di fantascienza si è occupato. Ziggy Stardust sarà pure più magro e bianco del solito, almeno guardando quella foto, ma chissà che proprio quella foto non gli allunghi la vita. Alla faccia della scaramanzia. Si trova sempre qualcosa cui attaccarsi. Per continuare a sperare.