Il patto Maroni-Zaia sulla testa di Formigoni
Nulla è come sembra. Nel mare tempestoso della politica italiana si naviga a vista e vince chi è più veloce ad adattarsi al cambiamento. Ieri, ad esempio, Bobo Maroni ha strambato. Ma nessuno se n’è accorto, perché in apparenza nulla è cambiato. La verità è che fino a mercoledì il segretario della Lega ha lasciato credere di volersi candidare a presidente della Lombardia, ma non ne aveva alcuna intenzione anche perché temeva che i leghisti del Veneto gli avrebbero a quel punto scippato il partito. Stretto l’accordo col Pdl, intendeva lanciare uno dei suoi fedelissimi. In ordine crescente: Gibelli, Fontana o Giorgetti.
Dal Pdl lombardo è venuto un pressing pro Giorgetti, che vanta un profilo quasi tecnico tale da rendere meno umiliante l’ipotetico passaggio della regione alla Lega. Ma Giorgetti ha nicchiato, i colonnelli maroniani hanno premuto sul Capo, i veneti hanno assicurato che non creeranno problemi. Dopo due riunioni informali di partito, Maroni ha infine ceduto al pressing: se il Pdl è d’accordo, sarà lui il candidato. In base a un patto interno, in caso di elezione rimarrà segretario della Lega fino al 2015, quando lo scettro passerà ad un veneto. Ad oggi, il prescelto è Luca Zaia. Se poi il Pdl dovesse porre il veto sull’ingombrante nome di Maroni ma non sul suo partito, Giorgetti non potrà esimersi. Di tutto si parla, in queste ore, fuorché di Formigoni.