L’Aquila, scienziati colpevoli di troppa scienza
Che l’Italia sia un paese ascientifico, nel quale la cultura prevalente è umanistico-letteraria, è un fatto. I ricercatori sono sempre stati figli di un Dio minore, visti con un certo sospetto, non capiti. La loro formazione incardianata su basi fattuali, il loro approccio pragmatico basato su documentabilità e verificabilità è chiaro ma netto, freddo, alieno ad un paese che spesso ragiona su base di categorie prefefinite ed è (parecchio) incline al compromesso. E anche su questo che si basa la condanna al processo dell’Aquila comminata all’intera commissione Grandi Rischi: sei sismologi (il gotha del settore in Italia) e l’ex vicedirettore della Protezione Civile, De Berardinis. Sul pregiudizio antiscientifico.
La Commissione Grandi Rischi, chiamata a giudicare il livello di rischio in Abruzzo dopo la crisi sismica avviata nel gennaio 2009 e ad esprimersi sugli allarmi lanciati dal sismologo indipendente Giampaolo Giuliani stabilì nell’oramai famosa riunione del 31 marzo 2009 che non c’era motivo di allarmarsi e lo scrisse nero su bianco nel verbale. Nel quale il professor Boschi afferma che ”i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta” e anche che “se non è possibile fare previsioni è invece molto noto che il Comune di L’Aquila è classificato in zona 2, e dunque è caratterizzato da una sismicità che richiede una particolare attenzione verso le costruzioni, che vanno rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti”. In altre parole definisce improbabile a breve un terremoto ma senza escluderlo in maniera assoluta e sollecita di mettere comunque in sicurezza gli edifici, che è poi il problema dei problemi.
Sono tesi che Boschi e gli altri sismologi sostengono da sempre e che sono assolutamente coerenti con quello che afferma la letteratura scientifica e del quale è convinto il 90% almeno dei ricercatori. Interpellati formalmente dal Dipartimento della Protezione Civile, le hanno ribadite e ne hanno tratto le conseguenze logiche. Se non è possibile fare previsioni, non è possibile confermare quanto sostenuto da Giuliani, di coil rischio è quello di sempre, quindi relativamente alto in una zona sismica come l’Abruzzo interno. Non c’è contraddizione alcuna. Eppure il giudice dell’Aquila _ e leggeremo le motivazioni _ li ha lo stesso condannati per omicidio colposo per aver sostanzialmente sbagliato la previsione (che ovviamente non è stata fatta perchè non poteva essere fatta) e “rassicurato” la popolazione.
Ma sono giuste le loro convinzioni? Personalmente, da non ricercatore, esprimo qualche perplessità per una sorta di dogmatica chiusura, ma è un fatto che questo è quanto la scienza sismologica ritenga corretto allo stato di conoscenze attuali: le previsioni basate sui precursori ancora non funzionano. E quindi i simologici in questione avevano non solo di diritto, ma direi il dovere di ribadirle.
Ora, delle due, l’una. O il giudice è in possesso di elementi tali da fargli ritenere che le convinzioni della comunità scientifica sono errate e che invece ha ragione Giampaolo Giuliani, oppure il comportamento dei sismologi incriminati è stato coerente con la scienza e con la loro storia professionale che nega la prevedibilità dei terremoti, e quindi conseguentemente non può non negare che gli allarmi basati su precursori siano ingiustificati.
Condannarli è un tragico errore, è un cosiderarli responsabili di troppa scienza e di poca fantascienza. Non risolve il problema vero _ la mancata messa in sicurezza del territorio della quale responsabile è in primis una politica distratta e cialtrona _ e dà in pasto all’opinione pubblica un colpevole purchessia. Compito degli scienziati era valutare il rischio, compito del Prefetto dell’Aquila, del Direttore della Protezione Civile e del ministro dell’Interno quello di valutare una eventuale misura precauzionale _ essenzialmente “politica” e non scientifica perchè priva di basi scientifiche _ e procedere ad allertare o eventualmente evacuare la popolazione. Questo la magistratura dovrebbe tener presente e probabilmente terrà presente in sede di appello. Ma l’errore è grave e produrrà conseguenze durature, che non vanno nell’interesse nè della verità, nè della giustizia nè eviteranno il ripetersi di tragedie come quella dell’Aquila. Anzi, impauriti dalle possibili conseguenze giudiziarie, i simologi tenderanno a fornire valutazioni con dentro tutto e il contrario di tutto: l’opposto di quella chiarezza, onestà e sincerità che servirebbe alla cittadinanza.