Il ‘sistema’ Mps e il problema dei controlli
Con Bersani azionista politico di maggioranza della banca e Monti considerato «l’uomo della finanza», Berlusconi avrebbe potuto abbattere due nemici con una sola pallottola. Ma ieri non lo ha fatto. Non lo ha fatto perché il Monte dei paschi è più di una banca e, per ragioni diverse, interessa tutti. Nelle pieghe della vicenda, si intravedono però due possibili problemi: il primo attiene all’efficacia dei controlli sulle banche, il secondo alla natura del sistema creditizio nel suo complesso. Cominciamo dai controlli. E cominciamo da lì perché quando Bankitalia dice d’essere stata ingannata viene da domandarsi con che spirito abbia svolto il proprio mandato ispettivo. Funziona così. Fino alla fine degli anni Ottanta era in vigore una legge fascista che vietava alla Vigilanza di Bankitalia di trasmettere alla magistratura gli atti penalmente perseguibili acquisiti nell’esercizio delle proprie funzioni. Tutto doveva rimanere interno al sistema e lì, eventualmente, essere corretto. Nel 1990 l’allora ministro Giuliano Amato riscrisse la legge, ma non introdusse l’obbligo di denuncia. Obbligò invece la Vigilanza a trasmettere gli atti «incriminabili» al governatore. Sarà interessante vedere se ciò è stato fatto. Sarà interessante anche perché a capo della Vigilanza negli anni «incriminati» c’era l’attuale direttore generale della Rai, la montiana Anna Maria Tarantola. Mentre governatore era l’attuale presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. E’ dunque in corso una partita gigantesca.
E poiché la sorte è beffarda, tra appena un anno, nel 2014, i compiti ispettivi sulle banche italiane oggi svolti da Bankitalia passeranno alla Bce, sì che Draghi si troverà nuovamente giudice di una vicenda che di certo non si concluderà in tempi brevi. E che allude ad un possibile problema di sistema. La Prima repubblica si concluse con lo «scandalo» del finanziamento illecito dei partiti, la cosiddetta Seconda repubblica si sta concludendo con lo «scandalo» Mps. Il primo era un sistema consolidato e riguardava tutti, il secondo potrebbe esserlo. Certo è che a livello globale il mercato dei derivati, attravero il quale le banche mettono facilmente fuori bilancio le priprie perdite, oggi è persino più imponente di quel che era all’inizio della crisi finanziaria del 2007-2008. Fanno 647mila miliardi di dollari, pari a nove volte il Pil globale, di fronte ai quali la politica può solo dire «Signorsì».