L’ultimo pasticcio della Seconda Repubblica
Un pregio, questa benedetta Seconda Repubblica, ce l’aveva: andavi alle urne e, scegliendo uno schieramento, sapevi chi sarebbe andato a palazzo Chigi a fare il presidente del consiglio in caso di vittoria. Anche se in forma diversa e meno istituzionalizzatà, è un po’ l’eccellente sistema oggi vicente per le elezioni di un sindaco: non c’è spazio per le ambiguità.
Invece, a Roma, siamo tornati alle ambiguità. La Seconda Repubblica ci ha tolto anche una delle poche certezze che avevamo (Berlusconi od Occhetto, Prodi o Berlusconi, Berlusconi o Rutelli, eccetera eccetera). Perchè è vero che se dovesse vincere (come appare probabilissimo) il Pd, il premier designato sarà Pier Luigi Bersani. Ma se invece vincerà il centrodestra, chi diventerà premier? Berlusconi? Forse no, perchè ha fatto un mezzo passo indietro. Alfano? Forse sì, ma in tanti mugugnano. E ancora: ipotesi remotissima, e se dovesse vincere il Movimento Cinque Stelle. Chi governerebbe? Grillo? No, o almeno ha sempre detto di no. Mister X, diciamo.
Alla fine rischia di succedere ciò che è accaduto per una vita ai tempi della prima Repubblica. Se il Pd, travolto dal caso Mps, dovesse perdere altri voti, rischia di non avere la governabilità e allora magari potrebbe rispuntare un Monti a caso (chiamiamolo governo tecnico, di tregua, di emergenza o non so bene di cosa) c il Prof diventerebbe presidente del Consiglio non perchè ha avuto la maggioranza relativa dei voti. No, farebbe il capo con meno preferenze di Bersani, Berlusconi o Grillo. Un po’ come capitava ai tempi del pentapartito.