Quando le donne sono in prima linea ma non in guerra
Fino a 250.000 posti in più per le donne: nei giorni scorsi tutti i giornali hanno sottolineato la svolta Usa che ha aperto alle donne i posti di combattimento in prima linea. Molti hanno scelto di rimarcare la dimensione di questa nuova «job opportunity», un vasto mercato del lavoro che viene de-segregato. Ma veramente la parità deve passare per le armi?Antonio De Gressi, da ilgiorno.it
Se sono in prima fila tutti i giorni nella vita, perché non dovrebbero esserlo anche, quando capita, sul sottile confine che le separa dalla morte? Le donne-soldato normali sono esattamente come le donne-donne normali: cioè donne, punto e basta. Certo probabilmente senza tacchi a spillo e gonne aderenti. Combattività, forza e resistenza non sono prerogative necessariamente maschili perché anche le donne, quando vogliono, possono essere altrettanto toste e determinate. Detto ciò, l’emancipazione femminile non deve passare per forza attraverso questo estremo sacrificio. «Soldato Jane» al fronte non ci piace, come peraltro non ci piace il suo compagno maschio in tuta mimetica e armi in pugno. Ma questa è un’altra storia.
laura.fasano@ilgiorno.net