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La Cina non è vicina. Almeno per i Kraftwerk

L’Autobahn, quell’autobahn lì, quella dei Kraftwerk non arriva a Pechino. E non ci arriverà mai. I tedeschi – padri dell’elettronica nell’era analogica (impresa difficile, ma non impossibile e l’hanno dimostrato) – sono stati censurati dalla Cina. Non suoneranno al “Festival Strawberry” di Pechino. Il motivo? E’ datato, ma la Cina non dimentica. Nel 1998 i Kraftwerk parteciparono al concerto Pro-Tibet. E la colpa – almeno per i cinesi – non è stata ancora espiata. E forse non lo sarà mai. Per suonare da quelle parti bisogna superare un’attenta selezione. Il ministero della Cultura cinese non fa sconti a nessuno. La carriera deve essere linda. Gli eccessi, se limitati al rock’n'roll, vanno bene, ma se ci si allarga un po’ e si mette sotto accusa Pechino, l’ospite diventa immediatamente sgradito. Si chiama censura. Preventiva come nel caso dei Kraftwerk. C’è un precedente che continua a far paura ed è datato 2008: Bjork – con lei l’elettronica è diventata 2.0 in piena era digitale - si esibì a Shanghai. E al termine del concerto gridò: “Tibet, Tibet”. La canzone che aveva cantato si intitolava “Declare of independence”. Un affronto. La Cina non è poi così vicina. Almeno quando si parla di libertà.