Il grillino kamikaze
Come fossimo entrati in una macchina del tempo. La giustificazione dei kamikaze islamici e la (prevedibile e presumibilmente prevista) polemica innescata dalle parole del grillino Alessandro Di Battista ci riportano ai tempi dell’ultimo governo Prodi. Allora, simili tesi riecheggiavano tra gli scranni parlamentari di Rifondazione comunista e caratterizzavano vignette e commenti del quotidiano ‘Liberazione’. La politica estera era il tallone di Achille di una maggioranza eterogenea, il Medio Oriente l’occasione spesso colta dalla sinistra massimalista per marcare la propria specificità, il voto semestrale con cui il parlamento rifinanzia le missioni internazionali la sistematica occasione per fibrillazioni politiche e psicodrammi collettivi. Fortunatamente, quell’epoca è passata e quelle tesi caratterizzano solo alcune opposizioni. E’ oggi il M5s a svolgere il ruolo allora svolto da Rifondazione e da alcuni parlamentari verdi: un monito a Matteo Renzi e soprattutto a chi nel Pd desidera riallacciare il dialogo con la sinistra ex bertinottiana. Quanto alle parole di Di Battista, scontano un errore di fondo. E infatti vero che, come nel caso dei nostro Risorgimento, il terrorismo è spesso stato il lato oscuro ma necessario del patriottismo, ma appare a dir poco spericolato applicare tali categorie ad Hamas, che nega il diritto di esistere allo Stato di Israele, e ancor più ai fondamentalisti dell’Isis, programmaticamente volti al massacro di chiunque non si assoggetti alla loro ideologia.