Verso Spa, con Schumi
Mi ricordo, sì. Io mi ricordo.
Tutte le volte che Schumi ci parlava di Spa, gli si accendevano gli occhi. Raccontava di quando, ragazzino, scappava da scuola per salire sulle Ardenne: voleva vedere da vicino come guidava Senna, sognando di imitarlo.
E poi venne quel sabato di una fine estate, il 1991. Francamente fu solo un colpo di fortuna, scrivere come scrissi, per il giornale della domenica, che quel giovane tedesco settimo in griglia forse rappresentava il futuro della Formula Uno. Era una frase che mi portavo in tasca da anni, da quando l’aveva letta in un articolo che Jon Landau aveva dedicato allo sconosciuto Bruce Springsteen.
La spesi per un tizio in quarta fila con una Jordan.
Non potevo immaginare il seguito.
La prima vittoria sull’acqua, nel 1992.
Quel giro incredibile nelle primissime fasi del Gran Premio del Belgio del 1997: gli altri sembravano viaggiare con il freno a mano tirato.
Ancora, quella che ho sempre pensato fosse una trappola ordita da Coulthard, nel 1998. Ovviamente non avevo le prove, eppure mi fece una certa impressione, il lunedì mattina in aeroporto a Bruxelles, scoprire che l’intera stampa italiana considerava Michael responsabile di un catastrofico autogol.
Ma io l’avevo visto così incazzato nel paddock, andare a caccia dello scozzese per menarlo, che proprio non mi sembrava l’atteggiamento di un uomo reduce da un gigantesco errore.
Nel 2000 ci fu quel sorpasso mitologico di Hakkinen. Oggi quando vedo manovre eseguite con il Drs e sento gente che si entusiasma, insomma, mi chiedo se sia una colpa ripensare a quanto si inventò Mika ai danni di Schumi. Ho un caro amico che continua a ripetermi, a distanza di quattordici anni, che in realtà fu Zonta, il doppiato che stava in mezzo, a propiziare la sequenza, danneggiando la Ferrari: non mi ha mai convinto. E del resto la faccia che aveva Michael appena finita la gara, al secondo posto, era la faccia di uno ancora sbigottito dalla prodezza del grande avversario.
Io a Spa senza Schumi mi sono sempre sentito come un poeta senza più versi da scrivere.