Stadi rischiosi, dalla Grecia una lezione
NEL PROSSIMO settimana tutto lo sport si ferma in Grecia. Il governo ha annunciato la sospensione di tutti «gli incontri ufficiali dello sport di squadra» dopo la morte di un tifoso dell’Ethnikos del Pireo, avvenuta dopo due settimane di agonia all’ospedale di Atene in seguito all’aggressione subita dai tifosi di Creta dopo un match di terza divisione. «Lo Stato – dicono in Grecia - è in guerra permanente contro la violenza, in ogni sua forma». E noi?
Antonio Gargano, Milano
PARREBBE AZZARDATO sostenerlo, ma noi… dovremmo andare a lezione dalla Grecia. Perché ogni volta che si parla della necessità di misure di prevenzione contro i violenti travestiti da tifosi (l’ultima volta dopo la morte a Roma del napoletano Ciro Esposito) si conclude che «adesso bisogna decidere». I decreti in realtà arrivano e anche gli emendamenti (nelle prossime ore scatterà l’obbligo da parte dei club di pagare straordinari e indennità alle forze dell’ordine schierate allo stadio), ma la sensazione è che il «campionato più bello del mondo», o se si preferisce la dodicesima industria del Paese, sia sempre in scacco di idioti e razzisti che solo per miracolo non portano ogni domenica a piangere dei morti. Serve una prova? Sabato scorso a Bergamo (in occasione di Atalanta-Juve) un ragazzino di 6 anni non ha potuto entrare allo stadio con la maglia bianconera perché avrebbe rischiato l’incolumità fisica. Perché, purtroppo, il pallone continua ad essere lo sfogatoio di livori repressi.
laura.fasano@ilgiorno.net