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I segreti di Montecitorio/2. Luoghi e facce habitués del Palazzo

Quando, in una settimana come quella che è appena iniziata, si sa già che l’Aula di Montecitorio lavorerà poco o nulla (oggi, lunedì, si vota lo ‘scavallo’ del Jobs Act alla legge di Stabilità, voto finale venerdì), anche se le commissioni Lavoro (per il Jobs Act) e Bilancio (per la Finanziaria), lavorano a pieno regime, ci si può soffermare su personaggi, o meglio ‘tipi’, abitueé del Palazzo. Vediamone alcuni, senza alcuna presunzione di esaustività e colti dal parziale occhio del cronista.

Commessi. Per lo più dotati di flemma e aplomb da gentiluomini d’altri tempi, si dividono tra commessi ‘d’Aula’, cui tocca il lavoro più duro e ingrato (tenere a freno i deputati quando si accapigliano o, peggio, vengono espulsi, suggerire al presidente di turno chi si scalmana e chi si comporta in modo non appropriato e rischia, dunque, sanzioni, dal richiamo all’espulsione, etc.), e commessi del ‘resto del Mondo’. La maggior parte di loro sonnecchia nei piani alti dell’edificio. Il loro unico compito, cui però corrispondono stipendi consistenti, è indicare aule e passaggi al malcapitato che si perde nei meandri del Palazzo. Una specie tutta particolare di commessi sono quelli che sovraintendono alla sala stampa di Montecitorio. Si dividono tra chi sorveglia l’ingresso, inflessibili nel far entrare o vietare l’ingresso ai giornalisti o agli ospiti non muniti di regolare pass (o non vestiti in modo adeguato: giacca obbligatoria per la Camera, giacca e cravatta al Senato) e chi ‘spegne la luce’ quando, a fine giornata, bisogna chiudere gli uffici. Spesso, tra giornalisti che tendono, come è loro abitudine, a ‘tirar tardi’ nella consegna dei pezzi, e commessi che vogliono andare a casa, si scatenano lotte degne di Zeus contro i Titani. La frase più temuta è: “Se non spegne il computer, io stacco la corrente, veda lei”, scatenando il panico tra i cronisti ritardatari.

Buvette. Per i deputati, come per i giornalisti, il panino o tramezzino a ora di pranzo, il caffé a tutte le ore e l’aperitivo all’ora canonica, è un must irrinunciabile. La buvette di Montecitorio non ha più il listino prezzi scandaloso di una volta. Oggi, tutto costa il giusto, a volte qualcosa di più. Nelle ora di punta, e cioè quando l’Aula è piena, i commessi della Buvette (pochi di numero) riescono a esaudire le richieste di tutti, ma la coda alla cassa va messa nel conto. Per lo più arcigni, brilla il commesso Paolo: giovane, ma già brizzolato, ironico e brillante, Paolo ha sempre la battuta di spirito pronta per tutti. Anche questo serve ad allentare la tensione che, inevitabile, si crea.

Galleria fumatori. Già dalla fine della passata legislatura, uno dei due corridoi laterali che portano al Transatlantico è stata adibita a galleria fumatori. Per chi non fuma è una “orribile camera a gas”, per i fumatori è un piccolo Paradiso, regno della sigaretta e del sigaro (la pipa non la fuma quasi più nessuno). Nello Formisano (ex Centro democratico, oggi unico rappresentante dell’Idv) qui fuma (il Toscano) e pensa ai suoi interventi. Nel gruppo di SeL si fuma molto e i suoi deputati hanno ‘colonizzato’ interi divanetti mentre i deputati di Forza Italia preferiscono fumare all’aperto sotto i gazebo del chiostro interno, a costo di sfidare freddo e intemperie di stagione. Anche il deputato abruzzese del Pd, Tommaso Ginoble, è un accanito fumatore di sigaro, sempre acceso, mentre i leghisti sono quasi tutti non fumatori. Tranne l’anziano leader, Umberto Bossi, che non manca mai, alle votazioni in aula (i maligni dicono per non perdere la diaria…), e che porta con sé l’immancabile Toscano, anche se sempre spento. I giornalisti fumano molto, per lo più sigarette, e in galleria fumatori si scambiano idee e notizie per i pezzi dell’indomani. Il vostro modesto cronista (vorace fumatore di Toscano) ha eletto la galleria a suo personale ‘ufficio’ e qui passa il suo tempo.

Emeroteca. In teoria, è il luogo dove si possono consultare tutti i giornali italiani (e molti stranieri) liberamente. Sempre in teoria, è riservata ai soli deputati, che per lo più si assopiscono sui comodi divanetti della sala, approfittando delle pause tra un voto e l’altro per schiacciare una pennichella. Complici le luci basse e soffuse, l’Emeroteca, pur dotata di computer per consultare agenzie e siti, è un luogo di incontri riservati e di riposo, più che di lettura e studio. Diverse volte vari deputati vengono sorpresi dai giornalisti, cui pure è consentito l’accesso, a russare sonoramente, ma qui (come altrove, in tutta la Camera) è vietato scattare fotografie e, dunque, immortalare l’attimo.

Corea. Deve il suo nome alla guerra di Corea (1950-’53) e al suo ’38 esimo parallelo’: vi si tenevano gli incontri segreti tra democristiani e comunisti di una volta. Sita dietro l’emiciclo dell’Aula, ma dall’altra parte, rispetto al Transatlantico, quella che affaccia su piazza del Parlamento, lì deputati (e, anche, ex deputati) incontrano liberamente, e lontano da occhi indiscreti, visitatori e colleghi. I giornalisti, con la scusa di andare in banca (la filiale interna alla Camera) o all’agenzia viaggi (idem), non mancano mai di farvi una ‘capatina’, giusto per vedere chi c’è. Fanno sorridere alcuni ‘ex’, come il comunista Marco Rizzo, o il missino Gustavo Selva, che ricevono in Corea come nulla fosse. Probabilmente per non far perdere, ai visitatori occasionali, il profumo dell’antica carica ricoperta.