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Don Evandro come don Camillo, al tempo della piena mediatica

 

REGGIO BRESCELLO

 

HA la fronte imperlata di sudore, don Evandro. «È pesante il Crocifisso parlante?», chiede qualcuno. «Accidenti…», smozzica lui, cercando di non inciampare nella lunga tunica bianca mentre avanza con passo deciso verso la golena allagata del Po.
Siamo a Brescello, in piena Bassa reggiana, Comune di 5.500 abitanti adagiato sulla riva del fiume e capace di richiamare in pellegrinaggio cinematografico anche 40mila turisti l’anno. Anche adesso. Anche se qui, ora, il pensiero fisso è quella maledetta piena che incombe, a pochi metri dal Municipio.
Il merito della notorietà del borgo, però, va tutto alla penna coraggiosa di Giovannino Guareschi, al regista Julien Duvivier – che scelse di ambientare qui le riprese della saga Don Camillo e Peppone – e al sapore sincero dei paesi di provincia.

IMMAGINI in bianco e nero di un piccolo mondo antico che, ieri, ha trovato nuova contemporaneità quando il parroco della comunità ha deciso di indire una processione con il crocifisso di Fernandel per chiedere una tregua al Grande fiume. Lo ha preso dalla chiesa, a spalle, lo ha portato fino all’argine ed è entrato in acqua. Il richiamo, lampante, è alla scena del film del 1953, Il ritorno di don Camillo, in cui erano ricostruite anche le drammatiche scene della piena di due anni prima. L’acqua, quella volta, arrivò fin dietro il campanile.
«Preghiamo per tutte le vittime del maltempo di questi giorni e perché l’uomo si renda conto che deve avere più rispetto della natura se non vuole che accadano altri disastri», ha scandito il religioso. «E preghiamo anche perché questa piena, che tanto ci preoccupa, si fermi». Dietro di lui, in  silenzio, oltre 500 brescellesi, che nelle ultime ore hanno trattenuto il fiato osservando, instancabili, ogni minuto, l’avanzare dell’acqua.

C’era anche il Peppone di oggi, il sindaco-avvocato Marcello Coffrini; un primo cittadino che, però, poco somiglia a Gino Cervi: alto, magro, capello lungo, trench sfiancato e occhiali da vista. Al suo fianco, anche parte dei 230 sfollati della frazione di Ghiarole, sorta poco lontano in area golenale. «Speriamo che si fermi… », sussurravano lenti, tra una preghiera e l’altra.

Tutto, proprio come nel film. Il prete, il sindaco, il crocifisso parlante sulla spalla. Dietro, il paese di Brescello, in ansia per la piena, come lo era nel 1951. L’aveva annunciata, don Evandro Gherardi, e l’ha fatta. Una processione in puro stile don Camillo, per chiedere che la sua gente smetta di avere paura della piena. Prima una breve preghiera in chiesa. Poi la partenza, puntuale, alle 15,30, dal sagrato. A lui, mancava il mitico zuccotto in testa. Al posto della veste nera, ha optato per una lunga tunica bianca.

Il sacerdote, senza fiatare, è arrivato fin dove l’Enza si unisce al Po, nella golena che di solito ospita un campo di addestramento cani. Ma non si è fermato: è entrato con i piedi nell’acqua e rivolto verso la corrente ha recitato la sua preghiera. Poi si è voltato. Tempo di un Padre Nostro e la processione ha fatto retromarcia.

Tra sacro e profano, al tempo delle piene mediatiche, si prega anche così.