Hamilton, insonnia nel deserto
A volte ritornano.
I fantasmi, intendo.
Cioè: ma voi, al posto di Lewis Hamilton, sabato notte riuscireste a prender sonno tranquillamente?
Oppure, in quella suite nell’hotel a sette stelle che sta di fianco al circuito di Yas Marina, avvertireste il sinistro scricchiolare delle certezze?
Ci è già passato, il Nero.
Nel 2008.
E qualora gli servisse una rinfrescatina su come possa capitare di perdere un mondiale in apparenza già vinto, potrebbe sempre chiedere ad Alonso.
Non starò qui a reiterare la mia fermissima convinzione sulla sguaiataggine (e mi trattengo) insita nel punteggio doppio.
E’ però giusto ricordare che questa boiata pazzesca era nota a cani e porci sin dall’inizio della stagione, quindi amen.
Tutto questo per dire e ricordare a noi stessi che i piloti, nemmeno i più saggi e maturi, restano esseri umani fragili. Esposti al vento dell’incertezza e al trambusto interiore generato dal sospetto.
Nel deserto di Abu Dhabi, molto probabilmente, sarà l’elemento psicologico a decidere. Sarà il potere della mente a determinare il verdetto, prima ancora degli accadimenti in pista.
E io sono sicuro che nella notte tra sabato e domenica Lewis Hamilton non chiuderà occhio.