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Il fascicolo sanitario elettronico? Non serve a nulla

Faccio parte del 2,8% dei cittadini emiliano-romagnoli che ha libero accesso al proprio fascicolo sanitario elettronico: siamo in 125mila su quasi 4 milioni e mezzo di abitanti. Mi sono ‘iscritto’ al servizio qualche mese fa, dopo aver ricevuto una proposta via lettera (ma non dovevamo eliminare la carta?) dell’assessorato regionale alla sanità. La procedura è stata abbastanza semplice: password, qualche clic e poi la stampa (ancora carta!) di un modulo da portare all’ Ausl della mia zona per la ‘vidimazione’ finale. Dieci minuti di attesa e sono entrato in questo nuovo mondo digitale e personale.
Nuovo mondo che, onestamente, mi ha deluso. L’ho esplorato il primo giorno e pochi minuti fa. Pensavo, lì dentro, nella privacy della mia password, di trovare una vera e propria radiografia personale, invece mi sono dovuto accontentare, per gli ultimi 4 anni e mezzo, di tre indecifrabili referti di laboratorio e 24 ‘ricette’ del mio medico di base, la metà delle quali legate a un farmaco che mi prescriveva una volta ogni due mesi per tenere a bada i trigligeridi. E prima del 2010, il buio.
Non sono mai stato ricoverato in questi anni, ma sottoposto a diverse visite e controlli presso strutture pubbliche o private convenzionate. Nessuna traccia di tutto ciò, a differenza – ad onore del vero – di quanto mi hanno raccontato alcuni amici e colleghi che hanno trovato, nella loro cronologia, un percorso sanitario più completo. Io ho solo notizie del mio medico di base.
Personalissima morale della rivoluzione digitale: il fascicolo sanitario, per ora, non mi serve a nulla.