La primavera di Draghi
ALCUNI MESI fa chiedemmo a Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, la Bce, di mostrare gli attributi: ci sembrava, infatti, che l’Eurotower, invece di cercare di rilanciare l’economia del Vecchio Continente, fosse troppo supina nei confronti della politica monetaria rigorista dei tedeschi guidati dalla Merkel. Fino ad allora, infatti, i vincoli di bilancio facevano aggio su tutto il resto e chiunque si muovesse per stimolare maggiormente le economie dei Paesi dell’euro e per evitare il pericolo sempre più incombente della deflazione, veniva subito tacciato di avventurismo. Ma c’è un limite a tutto e anche Draghi, che nel frattempo aveva perso qualche punto nella considerazione dell’opinione pubblica italiana, si è ribellato e ha detto basta. Il giro di boa dell’istituto di Francoforte è avvenuto nel gennaio scorso, quando è stato varato il piano “Quantitative easing” (Qe) che consentirà alla Bce di acquistare titoli, in buona parte pubblici, per 60 miliardi di euro al mese fino al settembre del prossimo anno, a condizione che l’inflazione risalga attorno al 2 per cento.
SARANNO SUFFICIENTI a fornire un’iniezione di fiducia alle barcollanti economie del club dell’euro? Penso di sì, per la semplice ragione che questa boccata d’ossigeno ai Paesi che se la meritano (non alla Grecia che, per conto suo, ha avuto astronomici aiuti) arriva nel momento in cui cominciano ad avvertirsi i primi, timidi, segnali di ripresa.
QUALE MIGLIORE occasione per immettere l’additivo giusto nei serbatoi delle economie che stanno ripartendo? Draghi, dopo avere un po’ traccheggiato, ha imboccato – almeno lo speriamo tutti -, la strada che porta in alto. Le Borse hanno accolto positivamente gli aiuti della Banca centrale e, almeno per quanto riguarda l’Italia, il pericolo spread, cioè il differenziale con i Bund tedeschi, è stato pressoché scongiurato. Se son rose, fioriranno, ma, comunque vada a finire, Draghi si è già riscattato agli occhi di mezza Europa. Presentandosi alla conferenza stampa di Cipro, in cui ha annunciato che da domani, lunedì, partiranno i primi acquisti di Qe, il presidente della Bce ha già indossato i panni del vincitore, alla faccia della cancelliera di ferro.
L’INQUILINO “numero uno” di Eurotower mi è sembrato, anche se non ha il barbone nero che gli incornicia il volto, quel monsignor Makarios che, a Nicosia, un tempo, dettava legge tra i litiganti turchi e quelli greci. Non sappiamo se anche Draghi sarà capace di dominare la scena e gli eventi come quel cipriota, ma una cosa è certa: meno male che c’è Mario. giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net