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Quando la vita è l’attesa di un treno

OGNI VOLTA (spesso) che il mio treno è in ritardo o si ferma senza ragione, mi chiedo quanti minuti, quante ore, quante giornate della mia vita, sono costretto a regalare alle ferrovie. Tutto tempo che potrei passare e vivere diversamente, dedicandolo a me stesso, alla famiglia, agli amici, ai miei interessi. Forse è troppo tardi, ma vorrei proprio fare un calcolo, anche approssimativo. Luciano, Gallarate (Varese)

C’È CHI PUÒ AIUTARE il nostro lettore a soddisfare un desiderio più che legittimo. Gaia Daverio è una giovane pendolare della linea ferroviaria Laveno Mombello-Milano che viaggia tutto l’anno per cinque giorni la settimana. Ogni mattina raggiunge la stazione di Milano Cadorna e riparte la sera. Una mattina, quasi per gioco, giusto per ingannare il tempo in attesa di un treno che non si decideva ad apparire, Gaia ha iniziato ad appuntare i minuti di ritardo fotografando con il cellulare il tabellone luminoso dove erano riportati gli orari e ha poi montato le immagini in un calendario. Era un giorno di gennaio dello scorso anno, il primo giorno di lavoro al ritorno dalle vacanze casalinghe. Il treno si è presentato dieci minuti oltre l’orario. Gaia ha proseguito nel suo lavoro di analista del ritardo e lo ha fatto per tutto l’anno. Il mese più disastrato è stato quello di novembre, un mese influenzato da una cattiva stella, che ha costretto la nostra pendolare a rimanere in attesa del suo treno per ben 290 minuti. Era andata meglio in agosto, quando, ma solo grazie alla complicità delle ferie, Gaia è rimasta in attesa solo per 41 minuti, concentrati nell’unica settimana di lavoro. Agosto a parte, il mese più fortunato è risultato aprile, con un’attesa complessiva di 121 minuti (anche qui si deve fare una tara, legata ai giorni pasquali). Per il resto, un’unica, estenuante odissea: 240 minuti di ritardo a gennaio, 265 a febbraio, 178 a marzo, 217 a maggio, 223 a giugno, 185 luglio a luglio, 232 a settembre, 245 a ottobre, 178 a dicembre. Bilancio finale: Gaia Daverio ha atteso sulla pensilina di una stazione per 2.415 minuti, come a dire oltre quaranta ore, equivalenti a un giorno, 16 ore e 15 minuti. Quello di Gaia è un utile esercizio, soprattutto per mettere alla prova la capacità di autocontrollo di ciascuno, la pazienza e anche (non deve sembrare eccessivo) la forza di sopportazione. Se Luciano seguirà l’esempio di Gaia potrà appagare la sua giusta curiosità. Ma alla fine, quanta amarezza, pensando a tante ore perdute e mai vissute.

gabriele.moroni@ilgiorno.n