40 anni di F1, al primo posto c’è una ‘S’
…vedi, amico/a che leggi queste righe, in fondo io l’ho sempre saputo, da quando ho ideato questo giochino di mezzo inverno, ecco, l’ho sempre saputo che alla fine della fiera mi sarei ritrovato a cospetto del Dilemma.
Per motivi diversi e anche in epoche distinte, Ayrton Senna e Michael Schumacher hanno rappresentato, per la mia modestissima persona, un pezzo di vita.
E non mi limito al mero aspetto professionale. Nel profondo della mia ingenuità, sono uno che talvolta fonde e confonde i piani dell’esistenza. Voglio dire che la Formula Uno ovviamente è una fetta del mio lavoro, ma capita che l’automobilismo mi coinvolga in un tormento sentimentale. Forse è un difetto, perché poi il distacco sano e sensato renderebbe più equilibrati nel giudizio. Ma mi tengo come sono e magari questa debolezza, attraverso i tempi, quarant’anni!, è stata persino apprezzata da qualche viandante bulgaro in transito sulle mie righe, da qualche lettore sporadico, eccetera.
E allora Senna è stato il Campionissimo di una giovinezza che ancora resisteva, la fine degli anni Ottanta, l’illusione dolcissima che il mondo potesse diventare per tutti migliore e del resto Ayrton, con la sua sensibilità spirituale e sociale, ti invitava a sperare che l’avvenire sarebbe stato più bello, che avresti avuto figlie felici di camminare sulla faccia del pianeta.
Mentre Schumacher è calato sulle piatte terre di casa mia ad incarnare un desiderio di rivincita che si era tradotto in una ossessione, in un tabù, in uno spasmo permanente. A mio padre, che adesso non c’è più, fregava pochissimo delle corse e mi pare di averlo citato in questa ‘griglia’ a proposito di Regazzoni. Però, quando a autunno del 2000 tornai a casa da Suzuka ed ero via da un mese perché ero stato pure alla Olimpiade di Sydney, ecco, quando tornai mi venne incontro all’aeroporto e aveva gli occhi che ridevano e mi strinse forte, con quella forza che hanno i vecchi di quasi ottant’anni, e mi sussurrò in un orecchio: eh, ma avevi ragione, quel tuo tedesco è un gran canchero!
Sai, amico/a, a me sarebbe tantissimo piaciuto raccontare le sfide in pista tra Ayrton e Michael, perché è vero che adoravo il brasiliano ma ero uno di quelli che avevano intuito come il tedesco fosse pronto per il Match del Secolo. Nel 1994, prima di quel fottuto week end imolese, Schumi aveva smesso di essere un gradino sotto, come Riccardo Patrese mi aveva confidato l’estate precedente a Silverstone. Non so, ci mancherebbe, chi l’avrebbe spuntata, nel 1994 e quindi nel 1995 e ancora nel 1996, eccetera: di sicuro è stata tolta, a me e a tutti, una enorme emozione.
Qui faccio un inciso dedicato al mio amico tenorissimo Emi. Mi sono espresso male e mi scuso, non intendevo certo negare a chiunque il diritto di esprimere opinioni anche su personaggi anagraficamente vissuti ‘in remoto’, cioè non in tempo reale. Quello che tentavo di spiegare (e il riferimento alle ‘ciapp’ è una citazione del miglior Gianni Brera, che così affettuosamente salutava chi più stimava!) è che cambia il contesto a seconda della appartenenza generazionale. Ero a San Siro il 21 giugno 1985 per il debutto italiano di Springsteen, chi è nato dieci anni dopo può benissimo amare e comprendere il Boss, però cosa fu quel concerto te lo può dire soltanto chi c’era, tutto qua.
Ma sto menando il torrone, perché in fondo vorrei evitare una risposta, evitarla a me stesso. Ponzio Pilato, a suo modo, aveva capito tutto. Dunque adesso dovrei chiudere la partita esclamando: ah, amico/a, decidi tu, per me l’uno vale l’altro.
Non sarei onesto, però. L’ho fatto, il Ponzio e il Pilato, per Lauda e Prost. Non mi costava, ero emotivamente meno coinvolto. Invece Senna e Schumi sono il vero orgoglio di una modestissima carriera, la mia: passerà il tempo, il mio Sassuolo non vincerà mai più contro la mia Inter all’ultimo minuto su rigore a San Siro, si fermerà il vento, non batterà più il mio cuore e sarò polvere, però magari qualche parente affettuoso si ricorderà di me medesimo dicendo, ah, il vecchio rincoglionito che ha raccontato le corse di Senna e di Schumi!
E’ così. Ognuno ha un suo modo di vivere la storia, ognuno ha diritto di farsi una opinione, ognuno meglio di me potrebbe chiarire similitudine e differenze tra Ayrton e Michael.
Io li ho visti. In pista. E ringrazio Dio, se c’è come diceva Ayrton, di averli fatti vedere.
Dopo di che, amico/a, perdonami.
Nel 1994 ho fatto un viaggio in aereo e di fianco avevo una bara.
Son passati più di vent’anni.
Sai che a volte ancora sogno di aprire quella scatola orrenda e di tirarlo fuori per potergli dire, su, fratello, abbiamo la stessa età, verrà il 2004 e anche il 2014 e parleremo insieme dei nostri figli, dei nostri errori, delle stronzate che abbiamo commesso in gioventù?
Son passati più di vent’anni.
In quella scatola c’era chiuso Ayrton e non l’ho mai aperta.
So che Michael, che ha sempre avuto un cuore e ce l’ha ancora anche se ai tempi dei suoi trionfi a tanti non sembrava, ecco, io so che Michael sarebbe d’accordo con me.
Con una storia così, la mia, al primo posto ci sta una S.
La Esse di Senna.