Colonia chiama Bologna
C’è un filo rosso che collega Colonia e Bologna: è il filo, ormai logoro, del politicamente corretto. Ci sono voluti sei giorni perché le autorità di polizia e la politica tedesca ammettessero quel che in effetti è accaduto la notte di Capodanno nella capitale culturale della Renania. Ovvero le sistematiche violenze, violenze forse addirittura programmate, esercitate sulle donne da centinaia di giovani immigrati islamici. Ci sono voluti sei giorni, perché la pratica non coincideva con la teoria. Dopo decenni di retorica dell’accoglienza ispirata al principio del “siamo tutti uguali” si è dovuto infine prendere atto che l’integrazione tra culture diverse non è automatica né facile e che tra l’Islam e la donna esiste un conflitto tanto antico quanto complicato da sanare. L’ineffabile frau Merkel è così passata dalla teoria delle porte aperte alla pratica delle porte in faccia, costretta dagli eventi ad annunciare un giro di vite sul diritto di asilo e sulle prestazioni sociali per gli immigrati. Le femministe nostrane balbettano, la sinistra sembra aver perso sia la voce sia la bussola. Partiti da Colonia, prima di giungere a Bologna ci fermiamo a Vignola. Nel comune a Sud di Modena gli immigrati rappresentano il 17% della popolazione: nei giorni dell’attacco a Parigi alcuni di loro hanno festeggiato in piazza il trionfo militare dell’Isis; nei giorni scorsi un manipolo di ventenni magrebini ha messo al muro cinque adolescenti italiani inneggiando ad Allah e simulando un’esecuzione con pistole giocattolo. Una bravata? No, qualcosa di più: dovendo scegliere a quale identità uniformarsi, hanno optato per quella che gli è più familiare e che soprattutto sembra prevalere. La più compatta, la più forte, la più temuta. Anche stavolta l’universo progressista non ha saputo trovare le parole giuste. Una quarantina di chilometri più in là c’è Bologna. E’ da qualche anno che, dopo decenni di non belligeranza, la procura del capoluogo emiliano ha indossato l’elmetto. Inchieste doverose (i rimborsi spese fasulli dell’allora sindaco Delbono, quelli dei consiglieri regionali, i favori dell’attuale sindaco Merola agli occupanti illegali di case…) hanno suscitato nella sinistra cittadina prima un silente sconcerto, poi, nel caso delle occupazioni, qualche critica in fondo garbata. La reazione dei pm è stata inedita: hanno querelato il capogruppo del Pd in Comune e una consigliera di Sel. Evaporano all’istante vent’anni di politicamente corretto, di sciocchezze tipo “le sentenze non si criticano”, di retorica in base alla quale la magistratura va “lasciata lavorare”. Ora che il problema del rapporto tra politica e giustizia non tocca più solo la destra ma investe i ranghi della sinistra, il disorientamento è grande e la morale politica sembra mutare di conseguenza.
I nodi del politicamente corretto stanno, uno ad uno, venendo al pettine. E le folte chiome dei benpensanti non sono mai apparse così scarmigliate, come al brusco risveglio dopo un lungo sonno popolato da sogni dolci.