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Milano in sala d’attesa

AVEVANO detto che varare l’Expo sarebbe stata l’impresa più difficile al mondo. In effetti, la prima fase della grande “kermesse” era parsa proibitiva e qualcuno aveva soprannominato “Ercole” il commissario Giuseppe Sala in considerazione delle sette fatiche che l’attendevano. Sappiamo tutti come è andata a finire: la rassegna ha chiuso a gonfie vele e l’uomo dell’Expo è stato sbalzato, Balzani e Majorino permettendo, a candidato sindaco di Milano. Mi auguro che Sala, oggi solo in sala d’attesa per Palazzo Marino, abbia tutto il tempo per farsi le ossa anche nella corsa di primavera e che le incertezze attuali possano poi diventare certezze. Mi auguro pure, semmai dovesse vincere, che non ci faccia rimpiangere il suo ruolo precedente di numero uno dell’Esposizione Universale. Auguri non solo di rito perché i primi passi verso la fascia tricolore, un po’ incerti e contraddittori, non mi hanno del tutto convinto. Mi riferisco, in particolare, al faccia a faccia dell’altro giorno con l’assessore al Welfare di Pisapia, Pierfrancesco Majorino.

L’EX NUMERO uno dell’Albero della vita ha sollevato, infatti, più di un dubbio. Ne metto in rilievo tre, tanto per capirci meglio. Il primo: è utopistico sostenere che Milano debba essere politicamente indipendente da Roma quando tutti sanno che la candidatura di Sala è stata fortissimamente voluta dal premier Renzi. Il secondo dubbio: mi sembra esagerato affermare che «le personalità politiche uscite da Comunione e Liberazione rappresentano il peggio del Paese». Perché generalizzare e prendere di mira tutta un’area di cattolici? Il terzo autogol: è un tantino masochistico affermare che «se vince la destra questi ce li teniamo per vent’anni». Da che pulpito viene la predica se sappiamo tutti come l’ex commissario si sia fatto apprezzare lavorando a stretto contatto di gomito proprio con la giunta di Letizia Moratti che non era certo di sinistra. Senza contare che, a differenza di Balzani e Majorino, lui potrebbe contare su forti appoggi anche nelle file dei moderati.

QUESTE PRIME esternazioni di Sala dovrebbero semmai convincere Lega e Forza Italia a rompere gli indugi sull’altro fronte e a rendere noto subito il nome del proprio candidato. Tale tattica attendista, a parere di alcuni addetti ai lavori, avrebbe un solo significato: vedere se, alle primarie di febbraio del centro-sinistra, vincerà l’uomo dell’Expo o no. Nel primo caso, il centro-destra potrebbe essere anche disponibile ad appoggiarlo indirettamente. Stando ai “si dice”, soltanto nella seconda eventualità (vittoria alle primarie della Balzani o di Majorino) potrebbe scendere direttamente in campo Matteo Salvini, l’unico pezzo da Novanta a disposizione. Infatti – a meno che i moderati non decidano di convogliare le loro preferenze su Corrado Passera, che potrebbe così diventare l’ago della bilancia -, il segretario del Carroccio sarebbe quasi costretto a sacrificarsi per il bene della sua città. Milano non merita davvero di fare la stessa fine di Roma: quanti, in questi giorni, hanno parlato con Francesco Paolo Tronca, commissario straordinario in Campidoglio dopo i guai del sindaco Marino, hanno percepito la sua grandissima nostalgia per la Madonnina. Possiamo capirlo. giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net