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Il dottor Sócrates

Avete i figli che vi dannano l’anima perché non vogliono fare i compiti? Avete un amico che vi dice “la Lega in fondo non ha tutti i torti”? Il vostro amato cognato vi confessa di aver votato per i grillini? Il vicino di casa se ne esce con un bel “però Renzi le hose le fa”? La vostra squadra del cuore ha preso quattro pere all’Olimpico? Insomma, lo sconforto vi sta pigliando il cor? Niente paura, il rimedio c’è. Escludete la classica boccia di rosso. No ansiolitici, nemmeno blandi. Meglio un buon libro. Per rilassarsi senza smettere di pensare (se no poi magari scoprite che il vostro migliore amico ha votato Monti…). Correte in libreria e accattatevi “Sócrates. L’irregolare del pallone”, aureo libretto vergato – per le mitiche e fiorentine edizioni Clichy – da Pippo Russo. L’autore è studioso della società italiana, polemista coi fiocchi, gran conoscitore di questo disastrato football. Non disdegna – giustamente assai – di coniugare la passione critica per il pallone con l’analisi politica e letteraria.

Il volumetto in questione narra, attraverso parole e immagini, la vita e le opere di uno dei miti della nostra gioventù: Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, primo figlio di Raimundo che chiama così il suo ragazzo perché sta leggendo “La Repubblica” di Platone. Socrates è il primo di sei fratelli. Gli altri verranno chiamati Sostenes, Sofocles, Raimundo Filho, Raimar e Rai. L’anno della “svolta” – prima ancora umana che professionale – è il 1964. Si è appena “insediata” una disgustosa dittatura militare in Brasile. Che, come tutte le dittature, quando sente la parola “cultura”, mette mano alla pistola. Una dittatura che uccide, stupra, umilia. Il giovane Sócrates, gli occhi sbarrati come solo possono essere quelli di un bambino di dieci anni, vede il babbo dar fuoco a tantissimi libri. Proprio così, la dittatura li giudica sovversivi. Ovvio: i libri fanno pensare e inducono a pericolose idee di giustizia e libertà. Da quel momento, tutto cambia. Nel 1971 l’iscrizione alla facoltà di Medicina e il contemporaneo impegno nel pallone. Giocatore sopraffino, firma un contratto, ma pone una condizione: finire gli studi. Laurea nel 1977, ancora tanto calcio, molto impegno politico contro i generali e l’esperimento di Democratia Corinthiana. Una squadra che diventa un simbolo nella lotta per la libertà. Nel 1982 e l’anno successivo la squadra vince il campionato paulista. Inutile dire delle bellissime giocate dell’artista Sócrates.

Nel 1984, il nostro irregolare capisce che un ciclo è finito. E accetta di andare a Firenze. Continua a leggere libri su libri. Partecipa a dibattiti nelle case del popolo (Russo ricorda una sera del dicembre 1984: Sócrates che vuol parlare di politica e alcuni cronisti che vorrebbero sapere se ha intenzione di fare un “grosso” campionato…). L’annata non sarà granché. Troppo diversi, come ci spiega l’autore, le aspettative. La Fiorentina si aspetta il “giocoliere” – altro luogo comune sul calcio brasiliano -, lui, immensa classe, tiene pochissimo il pallone, gioca di prima. E, ricordo personale, segna un gol all’Atalanta che è un capolavoro. Un soffio di poesia. Ma forse è solo nostalgia di un calcio domenicale alle 15, di trasferte (per me eran tutte tali, a parte uno o due turni a campionato…) con le radioline, di baci e abbracci, di bandiere al vento, di impegno.

Sócrates, il 4 dicembre 2011, se ne va,  per le conseguenze di quella malattia che porta a bere troppo. Ci molla e ci fa star male. Lui, l’irregolare del pallone che odiava le dittature, così ben raccontato da Pippo Russo. E illustrato con foto da non perdere. Accompagnate da citazioni commoventi. Una, su tutte: “La cosa migliore che il calcio mi ha regalato è stata la possibilità di conoscere gli esseri umani. Ho potuto incontrare gente che soffriva molto e anche gente che stava dall’altra parte della società, che aveva ogni cosa, così ho potuto conoscere entrambe le parti della società in cui vivo”.

PS Consiglio vivamente agli amici di Clichy di fare qualcosa del genere anche per irregolari come Eneas, Casagrande, Dino Pagliari