Eutanasia rinviare sempre non serve
Sarà lunga la strada da percorrere per il nostro Paese al fine di normare l’eutanasia e il diritto a una morte dignitosa, ma almeno il tema è approdato in Parlamento. Fino ad ora le Camere avevano affrontato il tema del fine vita, sull’onda di quanto accaduto ad Eluana Englaro. Una legge che non ha mai visto la luce. Ma non si possono rinviare all’infinito le decisioni, bisogna presentare proposte alternative e farle conoscere all’opinione pubblica. Massimo B. Milano
UNA PARTITA complessa da giocare, quella sul fine vita, soprattutto per trovare un testo comune a più sensibilità. Una svolta auspicata e che non può non guardare anche a fatti recenti, come la scomparsa della militante radicale Dominique Velati, che, malata di tumore al colon, ha scelto di andare a morire in Svizzera non potendo farlo in Italia, evento che ha rilanciato il dibattito sulla mancanza di un norma nel nostro Paese. La proposta di legge, da cui prende avvio il dibattito, afferma il diritto del paziente maggiorenne e capace di intendere e di volere «di rifiutare l’inizio o la prosecuzione dei trattamenti sanitari» e i «trattamenti di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale». Inevitabili e scontate le polemiche che ne seguiranno. Però dobbiamo smetterla di illuderci che i grandi temi etici si possano trattare rinviandoli continuamente. Prima dell’eutanasia ci sono diverse procedure pienamente etiche, non eutanasiche ma al contempo non di accanimento, che dovrebbero essere insegnate. Cominciamo da lì. laura.fasano@ilgiorno.net