La strage di Orlando tra strumentalizzazione politica e vendita di armi
Tutto ormai sono a conoscenza di quello che è successo a Orlando in Florida e della strage dell’attentatore nel locale gay. Un fucile d’assalto e una pistola. Tra queste il Sig Sauer MCX. Come sottolinea l’analista Giorgio Beretta questa stessa arma è venduta in Italia anche per impiego civile. Il rivenditore italiano è Bignami ma sito e catalogo sono inaccessibili da subito dopo la strage. Secondo uno studio dell’Archivio Disarmo gli Usa sono tra i paesi la cui popolazione è tra la più armata al mondo: vi sarebbero ben 89 armi ogni 100 abitanti su un totale di 270 milioni di armi in circolazione nel paese. Di fatto, è oltre il 40 per cento maggiore rispetto a quello che si ha in Yemen, secondo solo agli Stati Uniti con 54,8 armi da fuoco ogni 100 abitanti. Nel frattempo la Clinton chiede lo stop alle armi, la cui proliferazione sarebbe la causa principale della strage. Trump rilancia invece attaccando Obama per non aver menzionato l’Islam nel suo discorso. Quanto all’attentatore, il suo nome è Omar Seddique Mateen e si tratta di un americano di seconda generazione (nato a New York ma di origini afghane), iscritto al Partito Democratico e iscritto nella lista nera dei simpatizzanti dell’Isis dall’Fbi, che indagò su di lui due volte, per possibili legami con il terrorismo. L’FBI indagò sulla sua vita, sulla sua famiglia, raccolse prove, registrò le testimonianze di alcuni conoscenti e interrogò per due volte Mateen. Non trovando nulla di concreto, gli agenti chiusero l’indagine. L’anno seguente, però, le verifiche nei suoi confronti furono riaperte quando fu scoperto un legame tra Mateen e Moner Mohammad Abu Salha, un attentatore suicida statunitense morto nel 2014 in Siria. Anche in questo caso le indagini non portarono molto lontano e l’FBI decise di chiuderle. C’è poi un altro aspetto importante. A quanto pare non solo in Francia ma anche Oltreoceano, negli Usa, il melting pot non sempre funziona. La strage di Orlando corroborerà l’opinione, assai diffusa anche tra i decisori statunitensi, per cui i musulmani non sarebbero completamente assimilabili. Difficilmente Obama sfrutterà quanto accaduto per rilanciare la guerra contro il presunto Stato Islamico, indipendentemente dai legami esistenti tra Mateen e l’internazionale jihadista. Questo infatti significherebbe ammettere le colpe degli apparati federali e perché, in piena campagna elettorale, farebbe il gioco di Trump. Proprio quest’ultimo gioca la sua partita sui sentimenti degli americani, le sue rivendicazioni anti-islamiche però potrebbero unirsi a qualcosa di nuovo. Trump potrebbe usare il tema protezione dei gay dalle aggressioni e dalle discriminazioni dei musulmani per portarli dalla sua parte e togliere l’esclusività alla Clinton cercando di non urtare troppo la suscettibilità dell’elettorato repubblicano più religioso.