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Fertility Day: non aspettate la cicogna

2016-08-31_231834Che la campagna per il #fertilityday, Beatrice Lorenzin l’abbia ideata dopo essersi scoperta madre (di due gemelli), nel giugno 2015, a 43 anni?
Difficile darsi altra spiegazione, benché lei, divenuta ministra della Salute con Letta nel 2013, poi riconfermata da Renzi, da ex Pdl sia espressione del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, ministro dell’Interno che pensa di arginare la violenza sulle donne con un camper della Polizia, in giro per l’Italia a raccogliere le denunce.
Dopo l’esplosione, sui social network, delle critiche contro la Giornata nazionale di informazione sulla fertilità, indetta dal Ministero della Salute per il 22 settembre, e contro gli slogan e le immagini (‘La bellezza non ha età, la fertilità sì’, ‘Datti una mossa! Non aspettare la cicogna’, ‘Genitori giovani. Il modo migliore per essere creativi’, ‘La fertilità è un bene comune’ e il terribile ‘Il rinvio della maternità porta al figlio unico. Se arriva’), definiti a più voci “da ventennio fascista” (il Duce invitava le donne a procreare per la Patria), la replica, oggi, di Eleonora Porcu, esperta di fecondazione assistita dell’università di Bologna e a capo del tavolo che si è occupato di elaborare il piano della Ministra, lascia a bocca aperta: “Ho visto il dolore delle persone che a un certo punto cercano un figlio e non possono averlo, e spesso perchè non erano a conoscenza del funzionamento del proprio apparato riproduttivo”.
Davvero il nostro Governo imputa la denatalità alla scarsa conoscenza che italiane e italiani hanno del proprio sesso? E non riconosce lo Stato altro dolore, ad esempio di chi abortisce per non essere licenziata (dopo aver firmato le famose dimissioni in bianco) o perché già fatica a tirare la fine del mese con un lavoro precario e sottopagato, perché i nidi sono quasi tutti privati e magari lei è pure single, perché è ancora alla ricerca della sua ‘prima occupazione’  o semplicemente non vuole rinunciare alla carriera? Non sarebbe stato meglio spendere i fondi utilizzati per il #fertilityday (a proposito, quanti?) per creare le condizioni favorevoli a chi desidera avere una prole?
Ma non è solo un problema economico: i bambini sono sempre nati anche durante le guerre (certo, non c’erano gli anticoncenzionali).
E’ una questione di libertà di scelta, libertà delle donne di gestire la propria vita (e il proprio utero), con o senza figli, senza sentirsi ‘sbagliate’ o ‘in ritardo’.
Ancora più a monte: si tratta di non vedere le donne sempre e solo come ‘sesso’ (oggetti del desiderio maschile o organi riproduttivi), quello che è sempre secondo, quello a cui attribuire la ‘colpa’ di stare estinguendo la ‘razza italiana’, proprio come per le bovine.
“Questa non è una campagna per la natalità ma per la prevenzione e la salvaguardia della fertilità, che è una parte della nostra salute» – si difende colei che guida il Dicastero, definendosi ancora ‘ministro': nel sito del Ministero si parla di‘Villaggi della Fertilità’, che verranno istituiti in diverse città, composti da una serie di gazebo (alcuni per bimbi e adolescenti, con tutor specializzati) nei quali esperti, associazioni, società scientifiche, offrono alla popolazione consigli e screening”. Ma qualcuno al Governo ha mai visto la trasmissione di Mtv “16 anni e incinta?”.
Mentre i politici già si schierano pro e contro, noi donne preferiremmo che il Ministero della Salute si impegnasse a garantire, come previsto dalla legge 194, la nostra salute negli ospedali pubblici con la regolare applicazione dell’interruzione volontaria di gravidanza, a fronte di un numero crescente di obiettori che costringe, nel migliore dei casi, le strutture a ricorrere a personale medico esterno, quando non a negare l’Ivg.