Cosa invidia Giovinazzi a Hamilton
Domenica scorsa ho avuto modo di conoscere Antonio Giovinazzi.
Gio era ospite di Race Anatomy, la trasmissione cult condotta dal leggendario Fabio Tavelli su Sky.
Debbo dire che è stato un incontro piacevolissimo.
Abbiamo seguito assieme il Gran Premio di Singapore, parlando ovviamente tanto del suo presente e delle prospettive di carriera.
Io, non foss’altro per ragioni nostalgiche!, rimpiango l’era in cui gli azzurri del volante erano numerosi, sulle piste.
Ero amico di Alboreto. Ho voluto bene a Patrese. Ho fatto un giro di Fiorano con Larini al volante. E ancora le battute di Nannini, i silenzi di Stefano Modena, i tic del povero De Cesaris, l’eleganza del compianto De Angelis, le accelerazioni di Tarquini detto il Cinghiale, eccetera.
Me li ricordo tutti, anche quelli che qui non riesco a citare.
Fino a Fisichella e Trulli, gli ultimi italiani in grado di vincere una corsa del Circo.
Che tempi!
Non starò qui a ripetere come mai per un italiano posto non ci sia, nella Formula Uno post moderna.
E’ un discorso che ho affrontato spesso, io non sono d’accordo con chi ritiene che la colpa di tale deserto appartenga in esclusiva alle politiche della Ferrari, comunque lasciamo stare.
Giovinazzi incarna una speranza.
Gli ho promesso di seguire la sua gara in Malesia.
Lui mi ha detto che è stato emozionante provare il simulatore a Maranello, ma ovviamente mi ha confessato che non esiste paragone tra il simulatore e i giri sull’asfalto. E infatti a Hamilton, a parte la carriera, invidia la possibilità che Lewis ha avuto di crescere in McLaren guidando la monoposto, per migliaia e migliaia di chilometri.
Mi farebbe felice un Giovinazzi campione di Gp2 e protagonista in F1.
Sarebbe un piccolo antidoto contro la vecchiaia.