Sui treni ora serve la polizia. Ma dove stiamo andando?
HO FATTO uso dei treni della Nord dai tempi delle panche di legno, più o meno all’epoca del “Carlo Cudega”. Salvo casi eccezionali viaggiavi tranquillo, leggendo il giornale o scambiando due parole con il vicino (ora, con la brutta aria che tira, sei quasi costretto a temere). Adesso apprendo che “serve subito più polizia”. Ma dove stiamo andando, se neppure ti senti sicuro in una stazione o sul treno? Abbiamo fatto la lotta di Liberazione, ma nel 2017 quanto siamo veramente liberi? Enzo Bernasconi, Varese
SETTANT’ANNI DOPO, caro lettore e corrispondente affezionato, siamo liberi perché viviamo in una democrazia. Questa è una grande cosa, proviamo a rifletterci. Una democrazia, conquistata con lo sforzo e il sacrificio di tanti, che oggi è insidiata, minacciata. Dal terrorismo, il primo e il più terribile dei nostri incubi. Ma anche dalla violenza quotidiana, dalla prepotenza, da tutto quello di negativo che dalla società si travasa nelle stazioni e nei nostri treni. Più forze di polizia, si chiede il lettore? Domanda assolutamente legittima. La nostra risposta è un “sì” convinto (a cui dovremmo aggiungere un “purtroppo”, ma sarebbe una mancanza di rispetto per chi è chiamato a tutelare la sicurezza quotidiana e merita solo un grande, incondizionato ringraziamento). I giorni sono questi (e qui il “purtroppo” ci vuole).
Personalmente, più invecchiamo e più la vista di una divisa, in strada, in treno e su tutti i mezzi pubblici, in aeroporto, al mercato, ci rassicura. Siamo in autorevolissima compagnia perché ricordiamo una risposta simile data molti anni fa da Gianni Brera a un lettore della sua celebre rubrica “L’Arcimatto”, sul Guerin Sportivo. Non è militarizzazione. È necessario. Così deve essere. E lo sarà chissà ancora per quanto. Alla fine, creda l’amico lettore, saremo noi a vincere. È una certezza. Perché ci sarà una fine. Lontana, molto lontana, per il momento invisibile. Però ci sarà. E coinciderà con la nostra vittoria.
Intanto, un grande successo lo abbiamo già riportato, anche se quasi non ce ne siamo accorti: ci siamo abituati a convivere, coabitare con la paura, brutta compagna, compagna sinistra. Non abbiamo cambiato il nostro modo di pensare, non abbiamo modificato le nostre abitudini di sempre. E non è da poco. L’amico Enzo conserverà in uno scrigno privilegiato della memoria di viaggiatore di lungo corso i suoi ricordi di treno. Sono memorie preziose. Le carrozze di legno. Le chiacchiere con il vicino, un estraneo che sarebbe diventato un compagno di viaggio, anche un amico e comunque una presenza rassicurante anche se sconosciuta. Solidarietà, confidenza, amicizia. Valori importanti. Tempi irripetibili, caro Enzo. Tanto più belli proprio per questo. gabrielemoroni51@gmail.com