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S come Spa, S come Schumi

Finalmente ci siamo.

Prima di ragionare sul presente, ci tengo a raccontare cosa abbia rappresentato Spa nella mia vita randagia di cronista guardone.

Era il 1989 quando misi per la prima volta piede nelle Ardenne. Fu un Gran Premio segnato dalla pioggia. Vinse Senna davanti al compagno di squadra Prost e al ferrarista Mansell.

Ma più di quel sontuoso ordine d’arrivo, a fulminarmi fu la consapevolezza che ero nel Tempio.

Il Tempio, sì.

Anche Spa Francorchamps ha subito, nel tempo, modifiche e correzioni. E io non ho mai visto guidare Jim Clark, in quel luogo magico e irripetibile.

Ma ho avuto la fortuna di ammirare Michael Schumacher.

Dal 1991 al 2012.

Quasi un quarto di secolo. Una vita, davvero.

Ho scritto tantissimo di Schumi. E di Spa. Dal debutto mirabolante nelle qualifiche con la Jordan del 1991. Mi capitò, quel sabato, di mandare in stampa una frase profetica: forse ho visto il futuro della Formula Uno.

E non era merito mio. Era merito suo.

Negli anni, anzi nei decenni, Schumacher ha compiuto sulle Ardenne prodigi portentosi.

Ogni volta riusciva a sorprendermi, sebbene avessi ben compreso che lui era il Gran Sacerdote del Tempio, a maggior ragione dopo la dolorosa, straziante fine di Senna.

Tra i tanti episodi che riguardano Michael e le Ardenne, d’istinto scelgo la gara del 1995.

Quei giri con gomma ‘sbagliata’ sulla pista umida. Quella pazzesca disinvoltura nel controllare il mezzo nelle circostanze estreme.

Schumi era un artista del rischio. Possedeva quella volontà rara nell’essere umano: il desiderio di spostare più in là il senso del limite.

E’ curioso che io ricorra ad una simile riflessione per onorare The King of Spa. Michael è sempre stato considerato, non a torto, un individuo molto pragmatico, prosaico nella concezione della vita e del mestiere, pratico come pochi, se non come nessuno.

E invece, almeno quando si esibiva nel Tempio, sulle Ardenne, a casa sua, ecco, sì, Schumi era diverso.

Era un Poeta.

Un Poeta al servizio di una emozione purissima.