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Il coraggio di rischiare

L’ALTRA SERA ho fatto una breve sosta, nelle Marche, ad Acqualagna che, oltre ai tartufi, ha dato i natali ad Enrico Mattei. Quel pioniere degli anni Cinquanta, che studiò fino alla sesta elementare per poi entrare nel mondo del lavoro come operaio, ha una particolarità: oltre ad avere aperto la nuova frontiera del petrolio in Italia, ha fondato, nel 1956, il quotidiano “Il Giorno” che, in questo momento, avete sotto gli occhi. Potete, quindi, immaginare il mio stato d’animo, quando il sindaco di Acqualagna mi ha fatto accomodare nella poltroncina dietro la scrivania di Mattei. In due minuti ho rivissuto, come in un “flash-back”, la vita di quello straordinario innovatore, e ho capito che oggi l’Italia è in crisi perché non ci sono più uomini come lui, figlio di un modesto carabiniere di provincia. Siamo, davvero, un Paese strano: una fitta cortina fumogena opprime la figura di Mattei, perché è stato, certamente, un uomo molto controverso e, accanto a tanti aspetti positivi, ha avuto qualche ombra come quando, da presidente dell’Eni, usava, per gli interessi del gruppo, in modo molto disinvolto, i partiti politici. 

LI PARAGONÒ ai taxi: ci saliva a bordo e, poi, al termine della corsa, pagava senza problemi. Decine e decine di parlamentari (nelle file della Dc di sinistra, ma non solo) erano, diciamo così, suoi protetti, ma tutto ciò non può far passare in sordina le grandissime intuizioni, capaci di dare un enorme slancio all’economia. E, da solo, l’ex ragazzo di Acqualagna (poi trasferitosi a Matelica e, quindi, a Milano) ottenne quei risultati che oggi – in tempi, per certi versi, simili -, non riusciamo neppure ad immaginare.

BISOGNEREBBE davvero ricostruire lo spirito d’avventura e la fiducia nel futuro di sessant’anni fa. Un esempio? Nominato commissario liquidatore dell’Agip, Mattei si comportò in maniera esattamente opposta e – a differenza di Germania e Giappone, le altre potenze sconfitte dagli Alleati -, ottenne che l’Italia continuasse ad abbeverarsi nella greppia del petrolio. Se, oggi, l’impresa pubblica scricchiola, quel dinoccolato marchigiano, fu, invece, capace di costruire dal nulla il fenomeno Eni. Vincoli e obblighi vari frenano, ai nostri giorni, lo sviluppo del made in Italy, lui, invece, era stato in grado di aggirare qualsiasi ostacolo, nell’interesse della nazione. Ebbe tanto slancio, Mattei, che fece, poi, il passo più lungo della gamba, mettendosi contro le Sette sorelle e avventurandosi troppo nel pianeta arabo. Sappiamo tutti come è finita: il rogo del suo aereo privato a Bascapé, nel Pavese, conferma che è proprio vero che chi tocca i fili del petrolio muore. Facile vedere anche qualche analogia nel recente incidente che ha provocato la morte – all’aeroporto di Vnukovo, vicino a Mosca -, dell’amministratore delegato francese della Total, Christophe de Margerie. Al di là dei rischi del mestiere, l’Italia ha certamente bisogno di nuovi pionieri. È inutile che, al G20 di Brisbane, il premier Renzi dica che dobbiamo puntare alla crescita economica, se mancano, poi, gli uomini giusti che abbiano il coraggio di rischiare. Come in quei lontani Cinquanta.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net