Le donne, l’8 marzo e i compromessi sempre al ribasso
ANCORA l’8 marzo, ancora una giornata da dedicare alle donne che amano descriversi sempre come vittime… Vittime di violenze, vittime di discriminazioni sul lavoro, ecc ecc. Potrei continuare, ma non capisco perché le donne invece di continuare a lamentarsi e rivendicare chissà quale parità non cominciano a cambiare atteggiamento. Ne avrebbero sicuramente dei vantaggi loro e tutta la società. Giovanni Paggini, Milano
EPPURE, malgrado quanto sostenuto dal lettore, recenti indagini dimostrano quanto sia ancora lungo il cammino da percorrere per una effettiva parità. Una delle donne più potenti del mondo, Christine Lagarde, direttrice del Fmi, ha affermato alcune settimane fa che il 90% dei Paesi ha almeno una legge che limita il potenziale femminile. Quanto all’Italia, ci si compiace del dimezzamento, nell’ultimo semestre, delle donne assassinate, trascurando il dettaglio che quegli stessi numeri evidenziano la commissione di 6 femminicidi al mese. Allora, in questo quadro di riferimento non può non restare intatto l’impegno delle donne a cambiare le tante cose che sono ancora da modificare, rifuggendo da ogni trattativa al ribasso: dalla trasmissione del cognome paterno alla persistente violazione del corpo femminile, dalla pubblicità che offende le donne all’uso sessista del linguaggio, dalla declinazione sempre al maschile dei termini, alla scarsa presenza delle donne nei centri di potere ed al vertice delle istituzioni.
laura.fasano@ilgiorno.net