Ah, se avessi potuto tirare un rigore per Conte!
Un’ultima cosa calcistica, poi da domani torniamo all’amore di cortile mio, alla Formula Uno.
Ah, se solo avessi potuto tirare un rigore!
Siamo stati tutti bambini, pensavo qua a Bordeaux man mano che l’estenuante tortura si protraeva.
Sì.
Mi sarebbe piaciuto avere una maglia azzurra addosso.
Per andare lì e magari sbagliare e però dire a me stesso: sono qui, ho partecipato a questa avventura, non scapperò di fronte alla estrema responsabilità.
Sapete, io detesto la trombonaggine. Non mi piacciono le elucubrazioni leccate, figlie del conformismo.
Ma era una emozione stare in questo stadio di Bordeaux. Non importa in che misura ti coinvolga il calcio. E’ che sei lì, senti pulsare il cuore tuo e di decine di migliaia di persone e dei milioni che stanno a casa incollati alla tv.
E non capisci, proprio non comprendi come ci sia chi gode a proclamarsi indifferente o addirittura ostile.
Io mi sentivo come quella domenica a Suzuka del 2000 o a Interlagos del 2007 o visto che è finita male come a Jerez nel 1997.
Avrei voluto tirare un rigore con gli azzurri, sì.
Lo avrei sbagliato anch’io, di sicuro. Da piccolo, non ero perfetto dal dischetto.
Ma se non avessi provato questa sensazione, al netto dell’epilogo doloroso, qualcosa mi mancherebbe, in una vita di passioni.
Ed è strano, ma anche triste!, che taluni non comprendano.
Beh, andrà meglio la prossima volta, come mi disse sull’aereo dal Giappone un meccanico Ferrari ed era Suzuka98, un’altra speranza svanita.
Buon Gran Premio a tutti, adesso.