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Verstappen e il lato oscuro della forza

Mi vengono in mente Michele Alboreto e Ayrton Senna.

Posso citarli con dolorosa malinconia. Entrambi hanno sacrificato la vita sull’altare della loro passione.

Una volta, eravamo a metà degli anni Ottanta, Michele mi disse: vedi, quel brasiliano è fortissimo, ma è troppo convinto di potersi permettere qualunque cosa in pista. E’ giovane, imparerà o troverà qualcuno che lo aiuterà a capire.

Ripenso alla gara di Verstappen in Belgio e ho la stessa sensazione.

Bellissima è la sfrontatezza della giovinezza, che spinge persino a rinunciare al pudore dei comportamenti.

E non mi riferisco tanto alla partenza di Spa. Potremmo discuterne per un mese. L’unica cosa certa è che nel famoso/famigerato sandwich l’unico incolpevole era il tizio cui è spettata in sorte la parte della fetta di prosciutto.

Cioè Kimi Raikkonen.

Ma dopo, accidenti, dopo Verstappen ha fatto cose che fatico ad accettare.

Io gli riconosco un talento immenso.

Penso sia un dono del Dio dell’automobilismo agli appassionati.

Ma Max somiglia un po’ troppo all’Anakins Skywalker di Guerre Stellari.

The Chosen One.

Il Prescelto.

Incapace, temo, di controllare il lato oscuro della forza.

Il resto.

Che Vettel abbia qualche piccolo problema quando parte dietro Kimi non è notizia delle Ardenne.

Facciamo che tutti dovrebbero sempre ricordare che un Gp non dura una curva.

Ma in Ferrari conoscono la situazione, Kimi è una persona intelligente, non ci saranno conseguenze.

La conseguenza immediata, di un avvio da dimenticare, è che una buona occasione è stata sprecata.

Però, intendiamoci bene, né Vettel né Raikkonen avrebbero potuto impensierire Rosberg.

Però sul podio potevano salirci entrambi, credo.

Rosberg ha fatto il suo.

Hamilton è stato fortunato.

Alonso è stato grande.

A Monza, adesso.