Blog Quotidiano.net

Blog Quotidiano.net

I blog degli autori di Quotidiano.net, il Resto del Carlino, La Nazione ed Il Giorno online

di

Da Elliott Smith a M. Ward, “Portlandia” è la Seattle del Terzo Millennio

Le camicie di flanella, a Portland, non sono mai passate di moda. Vent’anni dopo la geografia del rock cambia e manda in scena un bel derby. Negli anni novanta, amplificatori e chitarre, si suonava forte e si urlava a Seattle. La città contro cui il sindaco di “Portlandia” – serie televisiva già di culto negli States e che si spera presto arrivi in Italia – vorrebbe superare in fama e gloria. Portland, la Portlandia televisiva, ci sta riuscendo. Vent’anni fa era il grunge di Seattle. Camicie di flanella, appunto, cardigan slabbrati e maglie che diventavano un manifesto artistico. Kurt Cobain sfoggiava felice una creazione del geniale Daniel Johnston. Vent’anni dopo il grunge non esiste più. Il look viene riproposto. Ma quell’energia lì non se ne è andata. Basta ascoltare qualche dialogo di “Portlandia” per capirlo o semplicemente intuirlo. Se si ha poco tempo a disposizione, invece, basta cliccare su youtube la sigla della serie tv che, va detto, non è un manifesto della “nostalgia canaglia”. Gli anni Novanta, con buona pace di hipster e “Retromania” alla Simon Reynolds, rivoluzionarono davvero la musica dopo la fiammata punk dei Settanta. E il grunge è riuscito a ispirare migliaia di band che si rintanavano nelle cantine per iniziare a suonare. Il mito di Seattle resiste ancora. Ma Portland – che nella serie tv prova a non disperdere la generazione del grunge – prova a intaccarlo. In senso buono ovviamente.

Tutto, in realtà, cominciò sul finire degli anni novanta. Fu un film “Will Hauting-Il genio ribelle” di Gus Van Sant a liberare il vero genio: Elliott Smith, morto ormai da quasi una decina di anni in circostanze ancora tutto da chiarire. Elliott arrivò a suonare la sua “Miss Misery” nella notte degli Oscar. Deve molto al cinema. Ma anche il cinema gli deve molto. Senza le sue canzoni “I Tenembaus” di Wes Anderson e “Will Hauting” appunto, non avrebbero lo stesso sapore. E proprio nella colonna sonora del film di Wes Anderson c’è un suo pezzo che, in qualche maniera, è un ponte con il passato più recente (un po’ come l’evoluzione musicale dei Pearl Jam). Si chiama “Needle in the hay” e ascoltandolo distrattamente uno potrebbe confondersi con la “Something in the way” dei Nirvana. Ma Elliott Smith è la musica da cameretta che racconta il “grande nulla” che si fa strada. Disperazione e chitarre: canzoni che rileggono il folk, lo declinano in una maniera quasi “eretica” rispetto ai dogmi talvolta fin troppo “campagnoli”. La strada del cosiddetto “new folk” è segnata. E Portland, in qualche maniera, incide pesantemente. Se Elliott è il primo, la scena si ravviva con i Decemberists: è di loro il pezzo migliore nell’album-tributo al suddetto Smith (“To Elliott from Portland”), un omaggio degli artisti della sua città. La rabbia disgregatrice del grunge da canalizzare nel pogo sotto il palco non c’è più, ma la disperazione, disincanto compreso, è servita in questi pezzi che fanno diventare Portland, Oregon, un ottimo punto di osservazione. E allora ecco che la scena di Portland mostra orgogliosa i suoi gioielli. Come M. Ward, all’anagrafe Matthew Stephen Ward, nato in California, ma trasferitosi a Portland. Ha da poco pubblicato il suo ultimo disco da solista, un manifesto del cosiddetto new folk, “Wasteland Companion”, ma negli ultimi 5-6 anni ha fatto altre cose. Eccole: il duo con la bella attrice Zooey Deschanel “She & Him” e il collettivo “Monsters of folk”. Ereditata dalla vecchia lezione folk la chitarra classica, questa generazione cresciuta con il “White album” dei Beatles – e assai ossequiosa al riguardo – si è imposta con (o senza) camicie di flanella. E per chiudere il cerchio della “Portlandia musicale”, ecco gli Shins: loro si sono mossi dal New Mexico fino a Portland. Quattro dischi, l’ultimo appena uscito “Port of morrow”. “New slang” del 2001 dicono che sia la canzone preferita di Natalie Portman. Una testimonial d’eccezione. “Portlandia” attira e il sindaco della serie tv può gongolare. Il derby con Seattle continua. Con qualche attacco di nostalgia, ma sempre a  beneficio delle nostre orecchie.