Se Gm snobba Facebook
DA UN LATO l’attesa per la prima offerta pubblica delle azioni di Facebook sta creando una fibrillazione enorme che può spingere la «capitalizzazione della società» a un valore di 104 miliardi di dollari. Dall’altro General Motors, il colosso dell’auto e della pubblicità che proprio alla vigilia di un passaggio così importante per il gioiello di Mark Zuckerberg, dichiara pubblicamente: «La promozione sul Fb dei nostri prodotti ha avuto un impatto molto piccolo sulle vendite». A poche ore dal lancio ottimismo e scetticismo rischiano di creare una miscela esplosiva con pericoli molto contagiosi per la strategica quotazione borsistica. I giganti dell’auto sanno che una struttura con 900 milioni di utenti registrati non può essere ignorata, ma investire porzioni consistenti di un budget che per GM supera i 2 miliardi di dollari in campagne e annunci, ha fatto dire agli analisti della società che Facebook non è il luogo più efficace per spingere l’acquisto di automobili.
I 10 milioni di dollari che Gm ha speso nel 2011 sono solo una frazione minuscola del portafoglio pubblicitario, ma il suggerimento degli esperti e dei pianificatori non è stato al rialzo quanto piuttosto ad occupare le pagine gratis che comunque Facebook offre alle società più grandi nella speranza di stimolare investimenti maggiori in futuro. In queste pagine di contenuti GM ha messo 30 milioni di dollari, ma si è accorta che i fruitori di Facebook difficilmente le cliccano.
CON UNA RACCOLTA complessiva di 3,7 miliardi di dollari annui, anche se il ricavo dell’ultimo trimestre è risultato in flessione del 7,5% Zuckerberg si sente comunque prontissimo per la prova del fuoco con Wall Street e per la prima offerta pubblica. Il prezzo del titolo da collocarsi fra i 34 e i 38 dollari, uniti all’intenzione di renderne disponibile un altro pacchetto del 25%, è una prova di grande confidenza. Il calo nei ricavi viene giustificato come «seasonal trends» mutamenti stagionali, ma la singolarità è che non era mai successo prima e potrebbe segnalare il rischio di una crisi più pesante con un effetto a catena che inizia ad affiorare. Un brivido che non ci voleva prima del grande giorno.