L’ultimo scherzo di Paolo Nonni
Un anno fa se n’è andato il giornalismo in giacca e cravatta. Un anno fa se n’è andato Paolo Nonni. Il Capo. Elegante, semplicemente elegante. Se n’è andata la sobrietà di stile. Corsivista ed etica. Se n’è andata una parte del mestiere. Pure quella: elegantemente popolare. Se n’è andato un cronista sul campo. Se n’è andato un reporter ventiquattro ore su ventiquattro. Dentro e fuori. E, comunque, ostinatamente come fosse sempre dentro. All’interno di quello stanzino, uno sgabuzzino semplice e austero. Com’era lui. Che t’incuteva timore a pelle, ma sicurezza in profondità. Non era solo l’eroe di Franci, suo figlio. Ma anche, egoisticamente, di tutti noi, apprendisti stregoni. Ci sentivamo protetti. Sicuri. Magari anche un po’ bimbi. Ma era bello così, perché tanto c’era il Capo a dirti una parolina magica. Anche sbiascicata o frettolosa, comunque calda. Se n’è andato un giornalista multimediale. Ante litteram. Lievemente allergico alle tecnologie, ma al contrario estimatore dei nuovi media: lavorò in radio, in tv, all’Ansa, e volle, fortissimamente volle, lanciare il suo Carlino Pesaro on-line. Ne intuì le capacità, stimolò noi a conoscerlo e ci spedì a Firenze, all’era dei primi giornali on-line, ad apprendere l’arte del giornalismo in Rete. Quello del primo Quotidiano.Net, formidabile rampa di lancio per molti illustri colleghi. Se n’è andato un giornalista che avrebbe dato quaranta giri anche a un manager iperlaureato alla Bocconi.
Se n’è andato un personaggio, con le sue insicurezze che, incredibilmente, divenivano sicurezze per gli altri. Per chi aveva intorno. Se n’è andato uno scout, che concepiva il mestiere come un grande gioco, un sentiero, una squadriglia, un reparto, un clan. E che lasciava sempre il giornale migliore di come lo aveva trovato. Se n’è andato uno che se leggesse questo pezzo, me lo straccerebbe davanti. Ma se n’è andato anche un cattolico. Di quelli che hanno un solo comandamento: rispettare il prossimo. E fare del bene. Perché, e forse non è stato detto abbastanza, quella era la sua missione. Aiutare gli altri. Io ne sono testimone. E mille altri come me.
Se n’è andato un professionista che amava la sua famiglia e i suoi redattori. Se n’è andato il simbolo d’una città. Il suo sindaco ombra. Se n’è andato un ottimista che anche nel dolore più nero sapeva sorridere. E dirti che stava bene. Che ce la faceva. E che non dovevi preoccuparti di un’influenza quando lui stava per lasciarci. Se n’è andata una presenza a cui, vuoi o non vuoi, pensi sempre. In auto, al lavoro. Perché c’era e non credevi che ti lasciasse così, a tradimento. Se n’è andato il suo sorriso disincantato, che rasserenava la redazione e ne faceva un circolo culturale. Un’incredibile oasi di pace. Una scuola. Un anno fa se n’è andato Nonni. E’ stato il suo ultimo scherzo. E nessuno ancora ci crede.