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Suonate le campane

LA TERRA trema in Emilia. Sembra quasi un paradosso, non era mai successo o forse sì ma nessuno se ne ricorda, questa è sempre stata una terra quieta e pacifica sopra e sotto. Invece questa volta è esplosa come non era mai accaduto, come se fosse stata scossa da un moto di rabbia. E’ successo di notte, nel cuore della notte più tranquilla e beata della settimana, quella che ci conduce al risveglio più pigro nel mattino della domenica. C’è stato l’inferno, i crolli, le grida, il sangue, i morti. Ci siamo contati, ricontati per tutto il giorno, e ci siamo accorti che non ci siamo tutti, ne mancano sette. Sette vite spezzate, alcune nel più crudele dei modi che il destino a volte architetta, come se non gli bastasse prendersi una vita ma la vuole tendendole un sadico agguato.

UN BILANCIO pesante, a cui si aggiungono decine e decine di feriti, ma non tanto grave in fondo se ci guardiamo attorno, se pensiamo al disastro delle case crollate, dei campanili, delle chiese, delle rocche, dei castelli, e soprattutto delle case, perché è vero che sono importanti i monumenti ma per i poveri cristi è più importante il tetto della propria casa. E’ passata la prima notte dopo quella della paura e a migliaia non hanno potuto o voluto tornare a casa, hanno dormito nelle auto, nelle aule fredde delle scuole, che anche oggi rimarranno chiuse, trasformate in dormitori. Stanotte sarà di nuovo così, e domani notte ancora. Perché questo sono i terremoti, ti sconvolgono la vita non solo in quei pochi secondi in cui la terra trema ma per settimane, mesi, anni o per sempre. Le ferite sono troppo gravi per pensare che ci vorrà poco tempo per curarle. Ci sono migliaia di case che non sono più abitabili o sono gravemente lesionate, in tutto il Ferrarese e nel Modenese, in tutti quei piccoli centri, che sono il regno delle quiete e di una vita vissuta secondo le antiche regole della verità. Potremmo magari ritenere che questo terremoto sia diverso da altri. E magari un tratto distintivo lo ha, la compostezza di chi ne è stato colpito. Ma non furono così anche gli abruzzesi? Delle esperienze del passato si dovrà prendere quel che di buono ci insegnano e stare attenti a non ripetere gli errori. Perciò prima di tutto bisogna fare presto a riportare per quel che è possibile la vita alla normalità e poi bisogna fare in modo che riprenda al più presto il lavoro in quelle aziende che sono state fermate dal sisma, e poi bisogna progettare e realizzare subito la ricostruzione e non fare come in Abruzzo, dove aspettano ancora che i centri storici tornino a vivere. Non ci sarà normalità nei nostri paesi se non torneranno a vivere per intero come erano prima. Non si parli di alberghi, di prefabbricati lussuosi, che piacciono solo agli affaristi. Tutto deve essere come prima. E cominciamo a ricostruire partendo dalle cose inutili ma fondamentali. Chiamate i muratori e i maestri campanari. Fate ricostruire i campanili subito. Abbiamo bisogno di sentire suonare le campane.