Terremoto Emilia/ “Nicola non doveva essere lì, ha sostituito un collega”
SANT’AGOSTINO (Ferrara) UN CAPANNONE della ‘Ceramica Sant’Agostino’ è irrimediabilmente accartocciato su se stesso. È ridotto a strati di detriti alti forse un
metro e mezzo. È quello che resta del reparto di monocottura. Lì lavorava Nicola Cavicchi, 35 anni. «Voleva andare al mare – raccontano i genitori Romana Fiorentini e Bruno – ma ha visto che il meteo prevedeva piogge intense. Così ha deciso di sostituire un collega malato». Nicola era un
grande appassionato di mare e di calcio. Stava ristrutturando casa per mettere su famiglia. Se l’è portato via la scossa assassina delle 4 e 03 assieme al compagno di lavoro e di turno Leonardo Ansaloni, 51 anni, di Reno Centese, sposato, due figli. Entrambi avrebbero smontato alle 6.
SU UN MURO della monocottura rimasto in piedi un cartello, che ora pare la traccia di un tempo ormai lontano, ammonisce: «Gli automezzi che entrano nello stabilimento non debbono superare i 5 chilometri orari». A poche centinaia di metri una sezione della ‘Tecopress’ è un ammasso informe. Adriano Orlandini, 65 anni, responsabile del personale, pronuncia in un
soffio il nome dell’uomo, vicinissimo alla pensione, che non ce l’ha fatta: «Si chiamava Gerardo Cesaro, aveva 55 anni e abitava a Molinella. Era addetto ai forni della pressofusione dell’alluminio. Il turno era di dieci persone. Gli altri nove sono riusciti a scappare fuori, lui no. Forse non ha sentito il rumore che ha messo in allarme i compagni di lavoro. Era sposato.
Aveva un figlio sulla trentina. Lo hanno portato via alle 12 e 30. Faceva l’operaio qui da un paio di anni. Di giorno in quella zona lavorano circa 30 persone. La fabbrica ha 189 dipendenti. Non si ferma mai, grazie ai tre turni».
Proprio come la ‘Ursa’ di Stellata di Bondeno, che produce materiali isolanti per l’edilizia. Lì aveva trovato un’occupazione il marocchino Tarik Naouch, 29 anni, quarta vittima del ciclo continuo. La Spoon River di Sant’Agostino comprende, purtroppo, una quinta vita spezzata. Nevina Balboni, 102 anni, dormiva al terzo piano di una casa sperduta nella campagna. Icalcinacci l’hanno schiacciata nel suo letto.
QUANDO arriviamo a Sant’Agostino il centro è ancora isolato. Finanzieri e carabinieri bloccano tutti. Il campanile della chiesa minaccia di crollare sulla strada principale. La parte superiore è innervata da un reticolo di crepe. L’orologio è bloccato alle 4 e 03. Il gas sta scappando dalle tubature. Nella frazione San Carlo si è aperta una voragine che ha inghiottito tre auto. Lo sconquasso del sisma avrebbe addirittura alzato il livello della falda acquifera che ora sgorga dai pozzetti assieme alla sabbia del letto del Reno. Un lato del Municipio pare sventrato da una
cannonata. Aghim Kaiolli, un muratore albanese di 45 anni, indica il terzo piano di una vecchia casa che si affaccia sul Comune: «Il mio appartamento è lassù. Sono uscito di corsa in pigiama, poi sono rientrato a recuperare i vestiti. Per questa notte non ho un tetto.
La Guardia di finanza ha promesso di sistemarmi da qualche parte… non posso fare altro che aspettare. Per fortuna che ho anche qualche amico disposto a ospitarmi». I 100 sfollati del
paese dormiranno tutti al Palareno, la grande palestra comunale che ospita le partite della squadra locale di basket.