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Prima di tutto trasparenza

FA MALE leggere sui giornali le fughe di notizie sul Vaticano e i suoi misteri. Dalla defenestrazione di Boffo ai segreti dello Ior, dagli assordanti silenzi sul caso Orlandi alle lotte intestine in Curia romana ormai di Chiesa non si scrive altro. Le telecamere sono fisse sui lati oscuri del Palazzo apostolico e non si spostano neanche un minuto. Per non parlare dei libri ‘di settore’, veri e propri successi editoriali, divorati da lettori bramosi di spiare oltre le mura leonine. Occhi indiscreti si accalcano al buco della serratura offerto da manoscritti, fax e lettere riservate, date in pasto a cani e porci da monsignori compiacenti. Con una leggerezza disarmante.

In questi mesi assistiamo al montare di un voyeurismo ecclesiale senza precedenti. È come se all’opinione pubblica non interessasse più nulla del magistero e dell’azione della Chiesa. Contano solo omissis e scandali annessi, nella convinzione diffusa che il popolo di Dio non sappia più offrire una testimonianza credibile del Vangelo. Nulla di più falso: i centri di ascolto e le mense della carità sono la prova tangibile di un impegno quotidiano che travalica i confini dell’assistenzialismo.

Come professionisti dell’informazione non siamo immuni da colpe davanti al trionfo di Vatileaks e dintorni. A tanti cronisti piace immettere benzina nei serbatoi della morbosità popolare. E non salva la giustificazione bislacca di chi sostiene che è il lettore a chiederlo. Certo, le tendenze si registrano, ma spesso si creano ad arte per lievitare le tirature. Non mancano i maestri, purtroppo. Vescovi e cardinali, però, non possono prendersi il lusso del vittimismo. Non solo, perché le talpe si nascondono nella Casta Santa. Tuonare contro <una comunicazione selvaggia> – sono parole estatte dall’ultima prolusione del presidente della Cei, Angelo Bagnasco, in apertura dell’assemblea dei vescovi – è legittimo, ma porta poco lontano. Soprattutto in questo modo si evita di mettere il dito nella piaga della questione in ballo. È l’assenza totale di trasparenza dei vertici ecclesiali a fomentare la curiosità di chi calpesta persino la privacy del papa.

Che ragione si nasconde dietro la mordacchia a Ratzinger sul dramma di una ragazza strappata alla famiglia e di cui non si conosce il destino? Perché non si azzarda il vero sull’omosessualità assunta a strumento di epurazione ai danni di un direttore sgradito alla segreteria di Stato? E che dire, scendendo nella vita concreta delle diocesi, delle nomine episcopali avvolte in una nube di mistero? Lo sapete che sui preti incombe la scomunica automatica, se osano accennare ai possibili papali sulle cattedre di Milano, Torino, Avellino o quant’altro? Il nascondimento non protegge la Chiesa, anzi alimenta gli scandali e la rabbia. Fino a qualche tempo fa si denunciava lo scisma silenzioso dei fedeli rispetto alla Gerarchia – leggesi Cattolici senza papa di Riccardo Chiaberge (2009) -, ora è palpabile un disinteresse misto ad astio per quanto avviene nei palazzi arcivescovili e non solo. Possibile che nella torre d’Avorio vaticana nessuno, nessuno se ne accorga?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                             Giovanni Panettiere

                                                                                                                                                                                                                                                           https://www.facebook.com/#!/paceminterris.it