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Donna Summer e Robin Gibb. C’era una volta la disco-music

Magri tempi per la discomusic. Un vecchietto come il sottoscritto non può restare impassibile di fronte alla doppietta del destino, prima Donna Summer poi Robin Gibb. Dite che non è musica? Beh, non so, però anche quella discomusic aveva un suo fascino, 34 anni fa, e ancor oggi riascoltarla fa sorridere. Donna Summer non l’ho mai molto amata, a dir il vero. Anzi, non avevo nè lp nè 45 giri di lei. La canzone che trovavo più intrigante era una di quelle meno citate in questi giorni, ‘No more tears’, un duetto con Barbra Streisand: una prima parte slow, poi arriva la disco. Discorso diverso per Robin Gibb e i Bee Gees. Puoi discutere quanto vuoi le luci stroboscopiche, i pantaloni a zampa d’elefante, la camicia aperta sul petto, i catenoni vari e le permanenti maschili, eppure ‘Saturday night fever’ di Robert Stigwood è un signor disco, nel suo genere, certo. E non dite di no. Non ditemi che non avete mai ballicchiato sulle ali di ‘Staying alive’,  ‘More than a woman’, ‘If I can’t have you’, ‘Night fever’, ‘You should be dancing’. Certo, oggi è roba che fa rabbrividire. Quell’uso costante e a volte fastidioso del falsetto, tutto sembra così lontano. Ma un po’ di nostlagia c’è, forse solo perché eravamo tutti molto più giovani.

E poi sapete qual è il primo brano che Gibb aveva chiesto fosse suonato al suo funerale?  ’How deep is your love’. Riascoltatela. E magari ravanate in rete e troverete la versione acustica di Cristina Donà. Un amore profondo come la bellezza della musica.