I miei Gp di Monza (e un cinese in più)
Sono andato per la prima volta a Monza nel 1982. Ma non per un Gp. Bensì per un fondamentale Monza-Modena di calcio, torneo di C1, risultato finale 0-0.
Poi ci sono tornato per la corsa.
1989. Se allora mi avessero detto che avrei fatto in tempo a vedere in pista un cinese, tale Ma Qing Hua, al debutto come tester venerdì, ovviamente non ci avrei creduto.
Nemmeno volevo credere allo spettacolo che mi accolse al mio ritorno alla macchina, una gloriosa Peugeot 205 turbodiesel, la domenica sera del Gp del 1989. Me l’avevano svuotata i ladri. Da allora mi chiedo che fine abbiano fatto preziosi cimeli come le mie ciabatte da doccia, per tacere della biancheria intima.
Vabbè.
Il Gp più tragico al quale ho assistito a Monza è quello del 2000. Quando un coraggioso addetto alla sicurezza venne ucciso da una ruota persa da una monoposto in una spaventosa carambola.
Il Gp più fantozziano è quello in cui i ferraristi Alesi e Berger, primo e secondo non ricordo in quale ordine, si eliminarono a vicenda tra tgelecamere che si staccavano da una Rossa e fatalmente si abbattevano sull’altra (sempre Rossa).
Il Gp più comico fu quello del 1994, quando Alesi è in testa, entra ai box per il pit e pretende di ripartire innestando la quinta al posto della prima. Giovannino ha sempre negato, ma le cose andarono esattamente così.
Il Gp più emozionante resta quello del 2003, un memorabile duello tra Schumi e Montoya, più di trenta giri al massimo, uno spasmo in apnea, una delle imprese più grandi nella carriera dell’Epta.
Il Gp indelebile è il 1990. Non per quanto accaduto in pista, bensì perchè nel dopo gara, in sala stampa, Senna e Prost simularono una pacificazione, si strinsero la mano e bla bla bla. Mancavano poche settimane alla collisione-bis di Suzuka.
Il Gp più sorprendente fu quello del 2008, dove tra nubifragi e acquazzoni vinse con la ex Minardi un ragazzino che si chiamava Vettel e in quel momento fu chiaro anche a chi non voleva capire che avevamo davanti un campione nuovo.
Deve essere vero, come dicono le mie figlie, che di cose io ne ho viste troppe.